Soldi sottratti tramite ricariche Postepay: processo per circonvenzione di incapace a Varese

VARESE – “Dimmi la verità, dove finiscono i soldi dello stipendio?”. La madre si era rivolta con preoccupazione al figlio per via dei ripetuti prelievi al bancomat, e lui di volta in volta accampava scuse e diceva di frequentare prostitute in Svizzera. Poi è venuta a galla un’altra storia, che è ora al centro di un processo in corso in tribunale a Varese, dove due persone sono accusate di circonvenzione d’incapace.

Un collega di lavoro della persona offesa e una sua amica avrebbero sfruttato la fragilità dell’uomo, un 50enne della Valceresio, per convincerlo a versargli ripetutamente del denaro tramite ricariche Postepay: più di 100 ricariche, per un totale di circa 40mila euro.

“Lui era il bancomat dei suoi colleghi”, ha ricordato in tribunale la mamma del 50enne. L’uomo si è costituito parte civile nel processo con l’avvocato Andrea Brenna, e deve ancora fornire la propria versione davanti al giudice.

Per adesso ci sono le parole del genitore, che all’epoca dei fatti, avvenuti tra il 2019 e il 2021, dalla disperazione si era recato dai carabinieri di Arcisate per denunciare tutto. La madre si era accorta dei prelievi anomali sul conto del figlio, ma anche del fatto che lo stesso usciva molto presto la mattina per andare al lavoro. Motivo? Allungava il giro per passare a prendere il collega che è oggi imputato nel processo, e faceva continuamente il pieno alla macchina. “Dopo la denuncia sono andata in banca – ha aggiunto la donna in aula – e lì mi sono cadute le braccia, perché il direttore mi ha mostrato le foto di mio figlio che prelevava allo sportello. Nessuno gli aveva clonato la carta, come aveva ipotizzato lui”.

Dietro quei comportamenti però, stando alle parole del genitore, che aveva raccolto le confessioni del figlio, c’erano minacce e intimidazioni. Avvertimenti del tipo “se parli da tua madre ci vai a pezzi”, oppure “dai un pugno in testa a tua madre, così si dimentica tutto”. Frasi che sarebbero state pronunciate dal collega di lavoro del 50enne. L’imputato è difeso dall’avvocato Alessandra D’Accardio; la posizione di un altro collega è stata archiviata in un altro procedimento. C’è poi l’amica dell’odierno imputato, difesa dall’avvocato Nicola Giannantoni: “Mio figlio non ha mai parlato di lei”, ha detto la testimone in aula. Ma per l’accusa ci sono 103 ricariche fatte sulla Postepay della donna. Un aspetto che deve ancora essere chiarito.

La vittima della singolare vicenda è un uomo “dalla ridotta capacità di calcolare le conseguenze delle sue scelte”. Un “soggetto borderline, in condizioni di fragilità emotiva e comportamentale”, che “solo per compiti di una certa semplicità è in grado di decidere in modo consapevole”. Parole del consulente incaricato dalla procura di esprimersi sulla circonvenzione di incapace ai danni del 50enne, che oggi è seguito da un amministratore di sostegno. E non ha più accesso diretto al suo bancomat.

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