Le vittime delle bande che smontavano auto e vendevano i pezzi non hanno sporto querela, e questo ha comportato una riduzione delle condanne. La legge Cartabia ha avuto un impatto sul processo in Appello, vanificando in parte l’indagine su due bande che agivano a Bovisio Masciago e Desio.
Le bande erano specializzate nel furto e nello smontaggio di auto, per poi vendere i pezzi di ricambio online. Oggi, a processo resta solo una donna, moglie di uno dei principali responsabili, proprietario del capannone di Ornago dove venivano custoditi i componenti.
Gli altri indagati hanno scelto il rito abbreviato, ma la riforma Cartabia ha comportato una forte riduzione o addirittura l’annullamento delle condanne per i furti, poiché le vittime non hanno presentato querela, che prima della riforma non era essenziale per procedere.
Le indagini hanno portato al sequestro di tre capannoni a Desio, oltre a un’abitazione e un campo agricolo dove le auto venivano smontate. Il valore complessivo dei beni sequestrati era di circa 600 mila euro. La banda utilizzava un disturbatore di frequenza per neutralizzare l’antifurto satellitare delle vetture.
Le accuse riguardavano associazione per delinquere finalizzata ai furti di auto e al riciclaggio. Il capo della banda, un 54enne brianzolo, gestiva un’impresa di vendita di pezzi meccanici e di carrozzeria delle auto rubate. Le officine che acquistavano i pezzi erano sparse su tutto il territorio nazionale.
L’indagine era partita dall’arresto di un componente della banda a Desio, bloccato a bordo di una macchina rubata. Grazie ai tabulati telefonici e alle immagini delle telecamere di videosorveglianza, i carabinieri erano riusciti a risalire a tutta la banda, composta anche da un 67enne con precedenti specifici.
Le bande agivano principalmente nelle prime ore del mattino, colpendo in diverse località della Brianza. La legge Cartabia ha avuto un impatto significativo sul processo in Appello, portando alla riduzione delle condanne per i furti di auto e lo smontaggio dei pezzi.