Claudia, nome di fantasia per tutelarne la privacy, ha presentato una denuncia alla Polizia postale di Milano nel marzo dell’anno scorso. Ha raccontato di aver subito abusi sessuali da parte di suo cugino, più grande di circa 15 anni, quando aveva solo 9 anni. L’autore delle violenze sessuali faceva parte della polizia locale di Milano ed è ancora in servizio. Claudia è stata convocata per rendere la sua testimonianza davanti a uno dei magistrati del pool “fasce deboli” coordinato dalla procuratrice aggiunta Maria Letizia Mannella.

La donna, che ora ha 34 anni, ha ripetuto il racconto dell’orrore, di abusi iniziati durante l’infanzia e proseguiti nell’adolescenza. Fino a quando, all’età di 17 anni, è riuscita ad allontanare il cugino. Claudia è preoccupata per il fatto che un pedofilo possa stare, potenzialmente, a contatto con donne e bambini per il lavoro che svolge. Ha deciso di presentare una denuncia che nel suo caso probabilmente non avrà effetti, visto che i reati sono già prescritti e sarà impossibile avere giustizia.

La storia di Claudia è simile a quella di tante altre vittime di abusi avvenuti in famiglia, che emergono a distanza di anni. Le denunce vengono presentate quando ormai sono scaduti i termini e il reato non è più perseguibile, portando all’apertura di inchieste destinate all’archiviazione. Prima di arrivare a questo passo, Claudia ha dovuto affrontare un percorso lungo e doloroso.

Claudia ha parlato di un senso di colpa che le attanagliava la vita, un sentimento comune a molte vittime di abusi. Durante l’adolescenza si era confidata con i genitori, ma il cugino aveva continuato a frequentare il nucleo familiare. Una volta maggiorenne, quando ha preso consapevolezza del trauma subito, la donna ha iniziato un percorso da una psichiatra. Poi, dal 2014 al 2016, è stata seguita da una cooperativa che si occupa di abusi sulle donne, lavorando sempre sul suo infernale senso di colpa e sulla sua sessualità. Nel frattempo, è riuscita a studiare e a costruirsi una carriera come libero professionista in campo sanitario.

Claudia non ha mai denunciato perché era disorientata e preoccupata per le conseguenze. Solo il suo nuovo psicoterapeuta l’ha spinta a fare questo passo. La motivazione è riassunta nelle ultime frasi della sua denuncia, che è anche un alert rivolto al Comune. Claudia ha trovato la forza grazie al terrore che la storia possa ripetersi. L’unico modo per evitare è che si sappia quello che le è successo, che finalmente si compia l’unica cosa che andava fatta anni fa: la denuncia. È stato terribile scrivere queste pagine, ma è peggio lasciare perdere e mettere a tacere quella bimba che ha conosciuto troppo presto il male.

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