La Corte Costituzionale ha deciso di equiparare gli psicologi militari ai medici, permettendo loro di svolgere la libera professione. Questa decisione fa eccezione al principio di esclusività che regola i dipendenti della pubblica amministrazione, come già previsto per i medici. La sentenza n. 98 del 18 maggio scorso ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 210, comma 1, del Codice dell’ordinamento militare, nella parte in cui non affianca gli psicologi militari alle norme relative alle incompatibilità inerenti l’esercizio delle attività libero professionali.

La professione dello psicologo militare è fondamentale per affrontare lo stress al quale i militari sono sottoposti, sia durante le missioni che durante l’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito e vaccini contaminati. Inoltre, ci sono problematiche riguardanti l’uso dell’amianto nella Marina Militare e casi di malattie anche tra i familiari dei militari.

L’Osservatorio Vittime del Dovere ha istituito il servizio di assistenza medico legale e di assistenza psicologica vittime del dovere per i nostri veterani. L’intervento della Corte Costituzionale è importante per la tutela della salute del personale delle Forze Armate e del Comparto di Pubblica Sicurezza.

La Consulta ha equiparato gli psicologi militari ai medici, poiché entrambi erogano prestazioni volte anche alla tutela dell’integrità psichica e rientrano nell’unitaria categoria del personale militare abilitato all’esercizio della professione sanitaria. Questo permetterà agli psicologi militari di acquisire nuove esperienze con vantaggi per entrambi gli ambiti, civile e militare.

La Corte costituzionale ha restituito pari dignità allo psicologo militare rispetto al medico, autorizzando tutti i professionisti del settore a esercitare la libera professione. Questo permetterà agli psicologi militare di acquisire nuove esperienze con vantaggi per entrambi gli ambiti, civile e militare.

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