Il Copernico, il liceo frequentato da Andy Rocchelli, fotoreporter di Pavia ucciso a 30 anni in Donbass insieme al collega Andrej Mironov, si è riunito per ricordare il giovane reporter. Il 24 maggio 2014, i colpi di mortaio della guardia nazionale ucraina hanno ucciso Rocchelli mentre documentava le condizioni dei civili nella zona contesa. Nonostante tre gradi di giudizio abbiano accertato la dinamica di quel giorno di sangue, l’unico imputato, il soldato Vitaly Markiv, è stato assolto per non aver commesso il fatto. Un omicidio accertato e documentato, ma rimasto finora senza colpevoli. “Abbiamo la verità chiarita dalla magistratura, ma sulla sua morte ma non ancora giustizia”, ha commentato Rino Rocchelli, il padre di Andy.
Il conflitto in Ucraina, iniziato nove anni fa, si è trasformato in un’invasione delle truppe russe che hanno passato il confine nel febbraio dell’anno scorso. La guerra in Ucraina ha generato un vento contrario alla ricerca di giustizia per ciò che è successo a Rocchelli. “La sua morte è diventata un fatto quasi scomodo, ma a dirlo si passa quasi da filorussi”, ha dichiarato la mamma Elisa Signori, direttrice dell’Istituto pavese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea. I genitori di Rocchelli si sono rivolti alla Corte penale internazionale dell’Aja chiedendo di avviare un’indagine. “Finché avremo energie continueremo a spenderci perché la verità giudiziaria, che è stata accertata, si traduca in una sanzione per i delitti commessi, che al momento restano impuniti”, ha dichiarato Signori.
La morte di Andy Rocchelli è un duro colpo per la comunità di Pavia e per il giornalismo italiano. La sua passione per la fotografia lo ha portato a documentare le situazioni più difficili e pericolose, ma il suo coraggio non è stato sufficiente a proteggerlo dalle granate del mortaio. La sua morte è un monito per tutti coloro che si dedicano alla professione del giornalismo, un monito a non dimenticare mai il rischio che si corre per documentare la verità.