L’avvocato di Lara Comi, Gian Piero Biancolella, ha attaccato duramente l’accusa durante l’udienza del processo Mensa dei poveri a Milano. Secondo Biancolella, il procedimento a carico della sua assistita si sarebbe dovuto interrompere dopo gli interrogatori di Teresa Bergamaschi, la conoscente e socia di Comi nella Premium Consulting. Bergamaschi ha fornito quattro o cinque differenti versioni su come lei e Comi avrebbero dovuto procurarsi la provvista da 10 mila euro da versare a Caianiello e Giuseppe Zingale, all’epoca direttore generale di Afol. L’avvocato ha sostenuto che l’interrogatorio di Bergamaschi avrebbe dovuto essere considerato irricevibile dall’accusa, poiché la testimone non è credibile.
Biancolella ha anche affermato che Zingale ricevette l’incarico di trovare un professionista per l’apertura dello sportello europeo dal Cda e dall’assemblea di Afol, non fu lui a volerlo. Inoltre, Comi ricevette pressioni per il versamento della famosa mazzetta da 10 mila euro sulla quale Bergamaschi è apparsa molto confusa. L’avvocato ha sottolineato che al massimo, gli imputati corrotti e corruttori, esercitando pressioni su Comi, che è pubblico ufficiale, trasformano la sua assistita non in imputata ma in vittima di concussione.
Infine, Biancolella ha chiesto l’assoluzione di Comi, sostenendo che la parte relativa alla nomina di discutibili primi assistenti, a cominciare dalla madre di Comi, è prescritta per stessa ammissione dell’accusa. Resta solo la presunta truffa collegata ad un collaboratore di Comi, al quale sarebbe stato aumentato lo stipendio al fine di retrocedere il suddetto aumento a Caianiello. L’avvocato ha dimostrato che l’aumento era congruo, dato che il collaboratore aveva più carichi di lavoro, e che la sua assistita non sapeva nulla di eventuali retrocessioni che comunque non sono mai avvenute. Inoltre, ha spiegato che Comi fu tradita da vecchi amici dei tempi dell’università che lavorarono per lei, ma che lei non era a conoscenza delle loro azioni.