Cinque ergastoli sono stati decretati dalla Corte d’Appello di Milano per l’omicidio di Cataldo Aloisio, avvenuto nel settembre del 2008. Si tratta di un delitto di mafia, perpetrato dalla ‘ndrangheta. La sentenza di primo grado, emessa dai giudici di Busto, è stata ribaltata e la tesi del pm della Dda milanese Cecilia Vassena è stata accolta. A processo erano stati chiamati Vincenzo Rispoli, considerato il boss della locale Lonate-Legnano, Silvio Farao, Vincenzo Farao, Francesco Cicino e Cataldo Marincola. In primo grado, solo Rispoli era stato condannato all’ergastolo, mentre tutti gli altri erano stati assolti. La sentenza di secondo grado, invece, ha accolto tutte le condanne richieste dal pm.
L’omicidio di Aloisio fu mirato al mantenimento degli equilibri della cosca, proprio come quello di Vincenzo Pirillo, avvenuto il 5 agosto del 2007 a Cirò Marina. Secondo gli inquirenti, l’esecuzione dell’omicidio legnanese fu affidata al capo della locale di Lonate Pozzolo Vincenzo Rispoli. Le due locali di ‘ndrangheta di Cirò e Legnano sarebbero state strettamente collegate e avrebbero operato in stretta sinergia. L’omicidio di Aloisio, nipote di Pirillo, fu deciso da Cataldo Marincola con Silvio Farao ed eseguito da quest’ultimo insieme a Vincenzo Rispoli per il timore di una sua vendetta, che avrebbe inevitabilmente destabilizzato gli equilibri dell’associazione mafiosa.
La sentenza di secondo grado è stata emessa a 13 anni dall’omicidio di Aloisio. Il corpo della vittima fu ritrovato non lontano dal cimitero di San Giorgio su Legnano. La sentenza parla di criminalità organizzata e si basa sulle testimonianze dei collaboratori di giustizia. La famiglia di Rispoli, considerato il boss della locale Lonate-Legnano, si era chiesta quale fosse il delitto di mafia, se i presunti mandanti erano stati giudicati innocenti. In primo grado, infatti, erano stati assolti tutti tranne Rispoli. Tuttavia, in appello, la storia è cambiata e tutti i collaboratori di giustizia sono stati riascoltati. È già stato annunciato il ricorso in Cassazione.