Roberto Calderoli, ex ministro degli Affari Regionali e delle Autonomie, torna alla festa della Lega di Treviglio a dieci anni di distanza dalla frase che ha pronunciato nei confronti dell’allora ministra all’Integrazione Cecile Kyenge. Nel 2013, sullo stesso palco, Calderoli aveva detto: “Io sono un amante degli animali, però quando vedo uscire delle… non dico che è, delle sembianze d’oranghi resto ancora sconvolto”, riferendosi alla ministra. Queste parole gli costarono un primo processo, con due sentenze poi annullate, e ora una nuova condanna in primo grado in un secondo processo riaperto a Bergamo.

Il pm Guido Schininà aveva richiesto due anni di reclusione per Calderoli, ma il collegio ha deciso per sette mesi di reclusione, con pena sospesa e la non menzione sul casellario giudiziale. L’aggravante dell’offesa razziale è stata ritenuta equivalente al riconoscimento delle attenuanti generiche. Né Calderoli né Kyenge si sono presentati al nuovo processo.

La vicenda è stata caratterizzata da sentenze annullate e dallo spettro della prescrizione. La Cassazione ha annullato le prime due sentenze e ora pende la prescrizione, che è di sette anni e sei mesi. Secondo la difesa, i termini sono già stati superati, ma la Cassazione ha stabilito che scadranno il prossimo 20 dicembre.

La frase di Calderoli nei confronti di Kyenge ha suscitato grande indignazione e ha sollevato il dibattito sull’odio razziale in Italia. La condanna del politico leghista rappresenta un segnale importante nella lotta contro il razzismo e la discriminazione. Tuttavia, la prescrizione rappresenta un limite alla giustizia e alla possibilità di sanzionare i reati di odio. È necessario che il sistema giudiziario si doti di strumenti più efficaci per combattere il razzismo e garantire la giustizia per tutte le vittime.

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