Paolo Romani, senatore di “Italia al Centro”, è stato indagato dalla procura di Monza per peculato. La procura contesta al politico di aver sottratto oltre 350mila euro dalle casse del suo ex partito, Forza Italia, commettendo il reato dall’aprile 2015 al febbraio 2018. In particolare, Romani avrebbe avuto accesso al conto Bnl di Palazzo Madama intestato al gruppo parlamentare di Fi e si sarebbe appropriato di 83mila euro prelevati con quattro assegni poi versati sul suo conto personale. Inoltre, avrebbe intascato 95.348,31 euro per finalità estranee a quelle indicate nel regolamento del Senato mediante assegni emessi in relazione ad interessi personali.

I legali del senatore hanno affermato che Romani ha agito in totale buona fede e che, in caso di errore nell’interpretazione della legge, è pronto a risarcire. Secondo i legali, la questione circa l’illegittimità dell’utilizzo delle somme è opinabile, in quanto nell’attività di gestione di tali fondi vi erano buoni motivi con fondamento nel diritto civile e nel diritto parlamentare e in precise sentenze della magistratura su episodi precedenti che giustificavano un utilizzo discrezionale dei fondi nell’ambito del vuoto legislativo che ha preceduto la regolamentazione dei fondi dei gruppi da parte del Senato stesso.

Il Senatore ritiene che se ha sbagliato a interpretare la legge i regolamenti, le prassi e la consuetudine restituirà immediatamente tutti i fondi in discussione, poiché ribadisce di averli presi nella più totale buona fede. La vicenda di Paolo Romani è un altro episodio che getta luce sulla questione dell’utilizzo dei fondi dei gruppi parlamentari, che in passato hanno destato numerose polemiche.

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