Sequestro di beni per 32 milioni di euro: smantellato un sodalizio criminale dedito a reati fallimentari e tributari

La Guardia di Finanza di Bologna ha eseguito un decreto di sequestro preventivo di beni per un valore superiore a 32 milioni di euro nei confronti di un’organizzazione criminale specializzata in reati fallimentari e tributari, nonché nel riciclaggio dei proventi illeciti. Inoltre, sono state adottate 25 misure cautelari.

Le indagini, condotte dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Bologna su delega del Sostituto Procuratore D.D.A. – Dott. Roberto CERONI, hanno permesso di scoprire che il gruppo criminale, noto come “banda del buco”, era composto da bancarottieri “seriali” che acquisivano società in crisi per poi depredarle e portarle al fallimento.

Nel corso del 2020, l’organizzazione ha preso il controllo di un gruppo societario operante nei settori della dermo-cosmesi e della grande distribuzione organizzata, che contava 32 supermercati dislocati in diverse regioni italiane. Gli indagati hanno commesso diverse azioni illecite, tra cui la distrazione di 25 punti vendita trasferiti a nuove società controllate dall’associazione, danneggiando l’Erario che avrebbe dovuto riscuotere 3,3 milioni di euro di tributi.

Inoltre, gli arrestati hanno lucrato sulla gestione del personale, assumendo e somministrando lavoratori attraverso società “di comodo” che evitavano di pagare i contributi previdenziali e assistenziali, nonché le ritenute sul lavoro dipendente, utilizzando crediti d’imposta fittizi per oltre 2 milioni di euro.

I proventi illeciti accumulati sono stati reinvestiti in nuove attività imprenditoriali, come l’acquisto di un famoso prosciuttificio nel parmense, oppure trasferiti a società italiane ed estere compiacenti attraverso fatture false emesse appositamente per giustificare i flussi finanziari.

Tra le società compiacenti spiccano tre “cartiere” formalmente situate a Milano, amministrate da soggetti di etnia cinese irreperibili, che in meno di un anno hanno emesso fatture false nei confronti di centinaia di imprese italiane per un valore di 7 milioni di euro, ricevendo bonifici sui propri conti aziendali per 11 milioni di euro.

Le indagini hanno rivelato che i soggetti cinesi facevano parte di un sistema di trasferimento di fondi illeciti, derivanti da reati fallimentari e fiscali, attraverso canali finanziari non tradizionali, al fine di eludere i controlli anti-riciclaggio. Questo sistema si basava su meccanismi “triangolari” di compensazione informale del denaro, simili a quelli utilizzati dalla cosiddetta “banca sotterranea cinese”. In pratica, una volta accreditate le risorse finanziarie provenienti da operazioni commerciali fittizie, venivano immediatamente trasferite in Cina, mentre agli imprenditori italiani veniva restituita una somma equivalente in contanti di dubbia provenienza, al fine di monetizzare l’evasione fiscale o sottrarre risorse finanziarie alle società.

L’organizzazione criminale aveva stretti legami con due coniugi, di cui uno italiano e l’altro cinese, residenti nell’aretino, coinvolti anche in un giro di prostituzione di giovani connazionali della donna.

L’operazione della Guardia di Finanza ha dimostrato la pericolosità e la tenacia del sodalizio criminale, che negli ultimi tempi aveva puntato le proprie attenzioni su un’azienda ittica nel tarantino, con un patrimonio consistente ma sovraindebitata e in difficoltà finanziarie, che era sul punto di essere saccheggiata.

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