La tensione nel carcere di Vigevano rimane estremamente alta dopo la rivolta di alcuni detenuti avvenuta giovedì 13 luglio 2023. Durante la rivolta, le celle e un padiglione sono stati devastati a seguito del sequestro da parte degli agenti della polizia penitenziaria di due telefoni cellulari e circa 50 grammi di hashish.
Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, ha espresso un giudizio impietoso sulla situazione, affermando che “così non si può andare più avanti: è uno stillicidio continuo e quotidiano. In pratica, ogni giorno nelle carceri italiane succede qualcosa, ed è quasi diventato ordinario denunciare quel che accade tra le sbarre”.
Capece ha inoltre sottolineato che le carceri sono diventate un colabrodo a causa dell’allentamento delle misure di sicurezza a discapito della sicurezza interna e dei membri della Polizia Penitenziaria. Tuttavia, ha evidenziato che solo l’intervento del personale della Polizia Penitenziaria è riuscito a riportare la calma a Vigevano. Durante l’intervento, diversi detenuti sono rimasti feriti, ma fortunatamente nessun agente è stato danneggiato nonostante il clima di guerriglia. Questo è stato possibile grazie al regime “aperto” e alla prontezza e professionalità del personale intervenuto.
Secondo quanto ricostruito, durante la rivolta, alcuni detenuti stranieri hanno dato alle fiamme il carcere di Vigevano e hanno lanciato dell’olio bollente contro gli agenti di Polizia Penitenziaria. Sette agenti sono rimasti feriti e hanno dovuto ricevere cure mediche.
I rivoltosi erano ubriachi a causa di grappe artigianali distillate dalla macerazione della frutta e probabilmente erano anche sotto l’effetto di sostanze stupefacenti introdotte clandestinamente. Durante la rivolta, hanno appiccato il fuoco a tutto ciò che poteva bruciare.
Capece ha sottolineato che la cosa più grave è che l’amministrazione non riesce a fare nulla per eliminare queste lotte tra bande che potrebbero avere epiloghi ancora peggiori. Questi “giochi di potere” sono diventati all’ordine del giorno, simili a luoghi malfamati come le banlieue francesi dove vige la legge della giungla. Questa situazione di immobilismo da parte dell’amministrazione penitenziaria sta mettendo a dura prova il lavoro della Polizia Penitenziaria.
Il SAPPE ha deciso di organizzare azioni di protesta per manifestare il proprio disagio lavorativo. I sette poliziotti feriti sono stati dimessi con una prognosi di 8 a 10 giorni.
Il leader del SAPPE auspica un intervento celere da parte del Governo sulle continue aggressioni al personale. Si rivolge in particolare al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Giovanni Russo, invitandolo ad affrontare i temi che sono nella sua delega e ad applicare immediatamente l’articolo 14 bis dell’ordinamento penitenziario, che prevede restrizioni per contenere soggetti violenti e pericolosi. Sarebbe opportuno dotare la polizia penitenziaria di strumenti di difesa come il taser.
Il SAPPE non esclude clamorose forme di protesta dei poliziotti, poiché il tempo delle interlocuzioni è finito. Il sindacato ha cercato di affrontare la situazione, ma si rende conto che le autorità competenti non hanno preso le iniziative richieste.
Dopo la rivolta, il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha disposto il regime chiuso e ha bloccato l’ora d’aria, obbligando i detenuti a rimanere in cella per tutta la giornata.