Estate del 1987: Il brutto tempo iniziò venerdì diciassette luglio millenovecentottantasette e poi…
Paura, angoscia e fede
Il cielo è cupo nella valle e l’afa soffoca ogni cosa,
le conche innevate del Caronella lacrimano lucenti
sotto il sole nel cielo velato da un grigio e caldo sipario.
Si sente il respiro ansimante dei cani e ogni cosa riposa
con stanchezza infinita in trepida attesa di venti e di tenera pioggia,
caro ristoro nell’opprimente scenario.
In quel venerdì diciassette luglio millenovecentottantasette
tra le cime dei monti avanza lentamente un mare di nuvole scure.
I vecchi inquieti e pensosi annusano nell’aria tristi presagi
mentre vibrano i monti di tuoni e balenano potenti saette.
Gli anziani ricordano piogge violente, frane e antiche paure,
di tempi passati carichi di fatiche e di immensi disagi.
Non è pioggia il rumore delle acque nei fiumi possenti,
è acqua di neve che la feroce calura tra i monti ha sciolto!
Ora piove! Le acque di cielo e di terra sono un potente connubio
di furia assassina mentre salgono al cielo preghiere e lamenti
di gente che guarda i suoi beni con il terrore nel volto.
È l’ira del Drago o il ritorno dell’antico diluvio?
Piove il venerdì e il sabato nel luglio caldo e sciagurato.
In Val Tartano ventuno sono travolti dal fango assassino,
le piane di Morbegno e Talamona sono una fangosa palude,
urla il Madrasco e il Torreggio, il Mallero è tracimato!
L’Adda con il grigio Frodolfo e il candido Poschiavino
rovina case, strade, ponti mentre il cuore triste si chiude.
È domenica 19 luglio! La pioggia cessa e torna il caldo sole.
Nulla è come prima! Fiumi e torrenti portano rabbia e dolore,
trascinano massi mentre la gente urla “nessuno si arrenda,
prendiamo le pale, aiutiamoci o fratelli, sarà ciò che Dio vuole!”
Dopo sette giorni di affanno tra fango e gesti di amore
la gente ritorna alla vita, nelle case dopo l’alluvione tremenda.
Illusione! Ancora rovina, le frane e l’acqua si danno la mano,
con crepe profonde il monte Coppetto le acque hanno minato.
Una frana si muove e minaccia la valle, incombe il terrore
sulla piana allagata; si fugge, solo sette eroi lavorano nel piano
tra strade distrutte per mettere in salvo i beni che Dio ha dato.
Tutti in Valle hanno tristi pensieri e sono invasi da cupo dolore!
Nel giorno ventotto, alle sette e ventitré di quel caldo mattino
si ode un boato tra i monti e subito scompare una magnifica piana!
Frana il monte Coppetto su Poz, Tirindrè, Morignone, S. Antonio,
poi la terra sale a S. Martino e Aquilone come acqua in un catino.
Sette sono sepolti nel piano! Ventidue uccisi a Aquilone dalla frana
e subito le acque dell’Adda chiuse formano il lago di S. Antonio.
In Valle si piangono i morti; le acque del lago salgono limacciose
nella piana desolata ora spettrale bara di quattro paesi incantati.
Il ventiquattro di agosto ancora pioggia con temporali rabbiosi.
Paura e angoscia! L’acqua del lago sale e minaccia tutte le cose.
La gente il venticinque fugge sui monti; i paesi sono evacuati.
I tecnici dicono; con la “tracimazione controllata” siate fiduciosi!
La gente è attonita e timorosa, prega e pensa ai cari e ai suoi beni,
mentre si alza il clamore di notizie sui luttuosi e tragici avvenimenti.
Trenta d’agosto! Il lago è colmo e tracima dal tappo pietroso,
è fangoso ma scorre nell’alveo dell’Adda come nei giorni sereni.
La gente esulta! Il Mondo loda i Valtellinesi che con i loro sentimenti,
hanno saputo con dignità e fierezza superare il momento luttuoso.
Sono trascorsi vent’anni, il triste ricordo rimane nei cuori di molti.
O giovani, le frane e le alluvioni che la Valle da sempre lamenta
saranno meno frequenti se amerete la vostra terra come una sposa.
E se cinquantatré gigli di campo dalla grande rovina sono stati colti
per il loro sacrificio e per la fede di molti l’ira del Drago si è spenta
quando voleva ingoiare la Valtellina con l’acqua del lago fangosa.
Ezio (Méngu)