Ergastolo per Alessandro Maja con 18 mesi di isolamento diurno. Il figlio Nicolò è d’accordo con questa decisione, affermando che l’ergastolo sembra la pena minima per quello che suo padre ha fatto. La sentenza è stata pronunciata oggi, venerdì 21 luglio, dal presidente della Corte d’Assise del Tribunale di Busto Giuseppe Fazio, dopo cinque ore di camera di consiglio. La Corte si è subito ritirata e accusa, difesa e parti civili hanno rinunciato alle repliche.

La richiesta del pubblico ministero Martina Melita è stata accolta. Nessuna possibilità di fine pena per il geometra 50enne che il 4 maggio dello scorso anno ha ucciso a martellate la moglie Stefania Pivetta e la figlia Giulia di soli 16 anni. La strage di Samarate avrebbe potuto avere anche una terza vittima, il figlio maggiore Nicolò, che è rimasto gravemente ferito e che era presente in aula. Nicolò, l’unico sopravvissuto alla tragedia avvenuta nella loro villetta di via Torino, dove la famiglia viveva dal 1999, ha già dichiarato lo scorso giugno di non credere al pentimento del padre e di ritenere giusto che paghi con l’ergastolo per quanto ha commesso.

Poco prima della lettura della sentenza, Nicolò ha mostrato al padre la maglietta con i volti di sua madre e sua sorella che ha sempre indossato in tribunale. Il padre gli ha inviato un bacio, come spiega nella video-intervista. Il giovane ora vuole andare avanti, tornare a vivere anche se non potrà mai dimenticare quanto è accaduto.

Oggi Nicolò ha anche dichiarato di non poter perdonare il padre, ma di volerlo incontrare per cercare di capire cosa lo abbia spinto a compiere un gesto così devastante, distruggendo la loro famiglia. Nicolò ha affermato che l’ergastolo è la pena minima per un padre che non potrà mai perdonare.

L’avvocato della parte civile, Stefano Bettinelli, ha parlato di una sentenza giusta anche dal punto di vista del risarcimento. La Corte ha assegnato 200mila euro per danni morali alle parti civili, oltre a 900mila euro per il danno fisico subito da Nicolò.

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