La mancata istituzione della zona rossa in Val Seriana durante la prima ondata di Covid-19 nel marzo 2020 non avrebbe evitato migliaia di vittime. Questa è la conclusione del procuratore capo di Brescia, Francesco Prete, nel parere depositato al Tribunale dei ministri riguardante l’indagine sulla presunta malagestione della situazione da parte del governatore della Lombardia Attilio Fontana, dell’ex assessore regionale al Welfare Giulio Gallera e di altri undici indagati.

Secondo l’avvocato Jacopo Pensa, Fontana e la Regione Lombardia erano preoccupati e proponevano misure per contrastare la diffusione del virus. Tuttavia, per gli inquirenti bergamaschi, non solo non sono stati comunicati tempestivamente i dati sui contagi, ma la Regione avrebbe potuto istituire la zona rossa in Val Seriana e non l’ha fatto.

Anche in questo caso, secondo la Procura di Brescia, non ci sono prove che l’istituzione anticipata della zona rossa avrebbe evitato migliaia di vittime. Il Tribunale dei ministri ha già archiviato le posizioni di Giuseppe Conte e Roberto Speranza, sostenendo che chiudere prima i comuni di Alzano Lombardo e Nembro non avrebbe evitato le morti.

Inoltre, il piano pandemico del 2006 non era adeguato per affrontare l’emergenza del Covid-19, che era una situazione di assoluta novità. Quindi, non ci sono prove che comportamenti diversi avrebbero portato a scenari differenti e salvato migliaia di vite.

È importante sottolineare che questa conclusione si basa sul parere del procuratore capo di Brescia e spetta al Tribunale dei ministri prendere una decisione finale.

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