Proteste a Milano per chiedere giustizia per Fati e Marie, madre e figlia morte nel deserto

Mentre la politica estera italiana si concentra sul presidente tunisino Kais Saied per controllare gli arrivi dei migranti nel Mediterraneo, a Milano si è tenuta una protesta per chiedere giustizia per Fati Dosso e sua figlia Marie, morte di fame e di sete nel deserto al confine tra Libia e Tunisia alcuni giorni fa. Il sit-in, organizzato da Refugees in Libya, dal Collettivo degli Attivisti dei Diritti Tunisino e Mediterranea Saving Humans, insieme ad attivisti antirazzisti milanesi, si è svolto di fronte al Consolato tunisino a Milano, sotto gli occhi attenti della Polizia e della Digos.

La protesta aveva come obiettivo quello di chiedere alle autorità libiche e tunisine che le salme di Fati e Marie vengano riportate in Costa d’Avorio, loro Paese d’origine, e che sia fatta luce sulle responsabilità dietro alla loro morte. Fati, una donna ivoriana di 30 anni, ha vissuto in Libia per 5 anni dopo essere fuggita dal suo Paese. In Libia ha conosciuto suo marito camerunese Mbengue e dalla loro unione è nata la piccola Marie sei anni fa. Due anni fa, dopo aver tentato più volte di attraversare il Mediterraneo, la famiglia ha deciso di spostarsi in Tunisia nella speranza di trovare un luogo più tranquillo per vivere. Purtroppo, dall’inizio del 2023, le aggressioni contro le persone di origine subsahariana residenti in Tunisia si sono moltiplicate in seguito al discorso d’odio del presidente Saied.

Al termine del sit-in, i referenti delle tre associazioni hanno consegnato al Consolato una lettera indirizzata alle autorità tunisine ed europee, un appello urgente per la giustizia e i diritti umani in merito alle espulsioni illegali e alla tragica perdita di vite umane. Nella lettera si condanna la politica migratoria europea e il suo accordo con la Tunisia, che ha portato a gravi violazioni dei diritti umani. Si chiede alla Commissione europea, al Governo olandese e a quello italiano di non subordinare qualsiasi sostegno alla Tunisia al rispetto dei diritti umani da parte delle autorità tunisine e di interrompere qualsiasi forma di collaborazione fino a quando queste violazioni continueranno. Inoltre, si condanna fermamente il discorso razzista pronunciato dal presidente tunisino Kais Saied all’inizio di quest’anno, che ha provocato disordini, odio e perdite di vite umane tra gli africani di origine subsahariana.

All’appello si sono uniti anche due ragazzi rifugiati che fanno parte di Refugees in Libya: David Yambio e Khalid Abaker. David ha lasciato il Sud Sudan nel 2016 a causa della guerra e dopo due anni di migrazione attraverso il Ciad è arrivato in Libia nel 2018. Khalid, invece, è in Italia dal 2016 ed è scappato dal Sudan perché oppositore del governo di Omar al-Bashīr. Entrambi hanno condiviso le loro esperienze per sensibilizzare sull’importanza di capire le ragioni per cui le persone scappano dall’Africa e per chiedere che tragedie come quella di Fati e Marie non accadano più.

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