Vita carceraria: il sovraffollamento delle celle

Sergio D’Elia, segretario dell’associazione Nessuno tocchi Caino, ha recentemente descritto la difficile vita dei detenuti all’interno delle carceri italiane, costretti a vivere in spazi troppo piccoli a causa del sovraffollamento.

Secondo D’Elia, chiunque lavori nel campo del diritto penale, come magistrati e avvocati, dovrebbe fare almeno una visita all’interno di un carcere per capire davvero cosa significa vivere in queste condizioni. Durante una visita con l’associazione Nessuno tocchi Caino, l’avvocato Barbara Bruni, segretaria della Camera penale di Bergamo, ha espresso un concetto molto chiaro: “Chi vive in carcere conosce la realtà, non basta fermarsi alla sala colloqui o all’aula degli interrogatori”.

Il segretario dell’associazione ha descritto le condizioni delle celle, evidenziando che i pavimenti sono in cemento e misurano 4 metri e mezzo per 2, mentre i bagni sono di dimensioni ridotte, 4 metri e mezzo per un metro. Nonostante la presenza di letti a castello e suppellettili, lo spazio disponibile per i detenuti è molto limitato a causa dell’eccessivo sovraffollamento. In alcune celle da 2 persone, si trovano 3 detenuti, mentre in quelle da 4 persone, si arriva addirittura a 6 o 7 persone. Inoltre, in alcune sezioni mancano le docce o funzionano solo in parte.

Sergio D’Elia ha denunciato che secondo la convenzione europea, se lo spazio disponibile in una cella è inferiore ai tre metri e mezzo, non sono garantiti i diritti fondamentali dell’uomo. Durante la visita, ha anche osservato una sezione in cui erano presenti detenuti con problemi psichiatrici, uno dei quali aveva appeso un cappio, manifestando la volontà di togliersi la vita se non avesse ottenuto la libertà. Secondo D’Elia, il manicomio che era stato abolito è stato solo spostato all’interno delle carceri.

Nonostante l’aumento dei casi di sovraffollamento a livello nazionale, nel 2022 non sono stati registrati suicidi nella prigione di via Gleno. Tuttavia, si sono verificate 3 morti “accidentali” per overdose o inalazione di gas. Quest’anno è stato registrato un caso di suicidio di un uomo alla sua prima carcerazione.

Tutti i relatori hanno sottolineato che queste problematiche sono comuni in tutto il paese. La presidente di Nessuno tocchi Caino, Rita Bernardini, ha specificato che lo staff dirigenziale di tutte le sezioni della prigione sembra essere di altissimo livello. Sergio D’Elia ha concluso dicendo che il carcere di via Gleno fa parte della città e che entro 4 anni più della metà dei detenuti uscirà, quindi è importante che escano come persone diverse.

In conclusione, è fondamentale porre attenzione alle condizioni di vita dei detenuti all’interno delle carceri italiane e cercare soluzioni per affrontare il problema del sovraffollamento, garantendo i diritti fondamentali dell’uomo e promuovendo il reinserimento sociale dei detenuti.

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