Dopo 30 anni potrebbe esserci una svolta nel caso dell’omicidio di Laura Bigoni, un altro crimine italiano senza colpevole. Oggi sono passati esattamente 30 anni dal giorno in cui è stato trovato il corpo senza vita della 23enne nella sua casa vacanze a Clusone, in provincia di Bergamo. Il suo assassino, colui che l’ha uccisa con nove coltellate al petto e alla gola, non è mai stato identificato. All’epoca, tutte le indagini si concentrarono su Gian Maria Negri Bevilacqua, soprannominato Jimmy, il fidanzato della vittima all’epoca dei fatti. Fu condannato a 24 anni in primo grado, ma poi assolto dalla Corte di Cassazione.
Le nuove indagini sono state riaperte nel 2021 e la notizia è trapelata solo di recente attraverso le pagine di un noto periodico del bergamasco, Araberara. La Procura di Bergamo, insieme alla questura locale, sta indagando su nuovi elementi raccolti. Questa nuova pista è stata scoperta grazie alla testimonianza di una donna originaria di Clusone, come Laura, che viveva a Milano nello stesso edificio in cui hanno vissuto gli attori Dario Fo e Franca Rame. I genitori della vittima lavoravano come portinai nello stesso stabile.
La testimone ha riferito di aver lavorato con Laura per una ditta di pulizie del Comune di Milano nel 1993. Si era licenziata a causa delle molestie sessuali subite da un collega, che era rimasto nella ditta. L’uomo aveva tentato più volte di violentarla e le sue azioni erano rimaste impunite. La testimonianza si collega all’omicidio di Laura attraverso un dettaglio inquietante: l’assassino aveva tentato di dare fuoco al materasso con una bomboletta di lacca. Questo particolare ha fatto venire i brividi alla testimone, che aveva vissuto un episodio simile con il collega molestatore.
Secondo quanto riportato dai giornali locali, lo stalker era un uomo sporco e trasandato che aveva iniziato a seguire Laura ovunque, alternando richieste di mettersi insieme a insulti pesanti, anche in pubblico. La ragazza non si sentiva più al sicuro. La testimone ha denunciato le molestie alle autorità, ma sembra che non sia stato preso alcun provvedimento. Secondo il quotidiano locale, lo stalker aveva problemi mentali e aveva precedenti per pedofilia. Era sotto controllo delle autorità, ma poteva agire indisturbato.
Il delitto è avvenuto a Clusone nella notte tra il 31 luglio e il primo agosto del 1993. Un ragazzo originario di Endine ha suonato alla porta dell’appartamento in cui Laura si trovava, ma nessuno ha aperto. Il giorno dopo, gli zii di Laura hanno visto del fumo uscire dalla casa e sono entrati. Hanno trovato il corpo di Laura riverso sul materasso, che era stato quasi incendiato. Questo è il triste e irrisolto delitto di Laura Bigoni. Marco Conti, l’ultimo a vederla viva, è stato coinvolto nella vicenda e ha subito conseguenze negative. Aveva 20 anni all’epoca e ora ne ha 50. Ha dichiarato: “Questa vicenda mi è costata molto. All’epoca ho perso il lavoro e mi hanno messo la casa sottosopra. Ho sentito anche un avvocato”.
La testimonianza della donna ha anche menzionato il taxi giallo con cui il presunto molestatore si sarebbe recato sul posto di lavoro. Questo particolare è sinistro perché alcuni testimoni, all’epoca dei fatti, hanno dichiarato di aver visto un taxi giallo sotto l’appartamento di Laura Bigoni la notte in cui è stata uccisa. Dopo aver ricevuto il messaggio, i giornalisti di Araberara hanno verificato la fonte e consegnato tutte le informazioni alle autorità, che hanno poi riaperto le indagini nel 2021.