La fuga di notizie sulle attività della Lega di Salvini è un argomento che sta suscitando grande interesse in questi giorni. Si sta cercando di capire quanto abbiano influito le ambizioni personali, le amicizie, gli affari e i vantaggi economici in questa storia. È emerso che nel cuore della Direzione nazionale antimafia si è creato un centro di potere occulto, un luogo in cui sono state raccolte informazioni riservate su molte persone influenti. Questa struttura di intelligence finanziaria non era prevista da alcuna legge ed è ancora da capire come i dossier siano stati utilizzati. Tuttavia, è evidente che la trasmissione in tempo reale di queste informazioni riservate alla stampa amica è stata una delle armi più utilizzate dalla struttura per colpire i propri nemici.

Le recenti scoperte emerse dall’indagine della procura di Perugia stanno attirando molta attenzione anche a Milano. È qui, nella procura del capoluogo lombardo, che i pubblici ministeri hanno dovuto affrontare uno dei casi più eclatanti di diffusione di materiale segreto basato sulle segnalazioni di operazioni sospette dell’Uif di Bankitalia, che erano lo strumento principale del centro di potere operante nella Dna. Tutto è successo nel giugno 2021, mentre la procura milanese stava indagando sulla Film Commission della Regione Lombardia, amministrata da uomini legati alla Lega. Alcuni commercialisti legati al partito sono finiti nel mirino dei pubblici ministeri. Ma quando l’indagine era ancora in corso, una serie di segnalazioni riguardanti i leghisti è finita in prima pagina su un giornale. A Milano è scoppiato il finimondo e si è iniziata una caccia alla talpa tra gli uffici della Procura e della Guardia di Finanza. Ma si è scoperto che quelle segnalazioni non erano ancora arrivate a Milano, erano ancora ferme a Roma, negli uffici inaccessibili dell’Uif. Gli unici che avevano accesso a quelle segnalazioni erano i finanzieri, come il luogotenente Pasquale Striano, in servizio alla Direzione nazionale antimafia.

Ma non è tutto. Poco dopo è accaduto un altro episodio che ha fatto infuriare l’allora procuratore capo a Milano, Francesco Greco. Greco ha scoperto che dalla Dna, guidata allora da Federico Cafiero de Raho, era partita una relazione informativa sulle attività della Lega di Salvini. Questo è stato considerato un invasione di campo da parte della Dna, che può occuparsi solo di mafia e terrorismo, non indagando in proprio ma coordinando il lavoro delle procure distrettuali. Per Milano, questa invasione di campo è stata la prova che Cafiero de Raho stava cercando di trasformare la Dna in una sorta di superprocura. La pretesa di avere in esclusiva la gestione delle segnalazioni provenienti dalla Banca d’Italia era funzionale a questo obiettivo. È grazie a questo monopolio che si è potuto creare il centro di potere che è stato scoperto dall’indagine di Perugia dopo la denuncia del ministro Guido Crosetto.

In questo momento, l’inchiesta della procura di Perugia si trova ad un bivio. Perugia è competente solo se tra gli indagati ci sono magistrati. È per questo motivo che la procura di Roma, quando ha scoperto il nome di Antonio Laudati, sostituto procuratore nella Dna e capo di Striano, ha deciso di inviare le carte a Perugia. Ma adesso Perugia deve decidere se incriminare Laudati o restituire tutto a Roma, considerando Striano come l’unico colpevole. Ma accetterebbe Striano di rimanere l’unico responsabile di questa situazione?

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