Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia ha annullato la tassa di soggiorno istituita dal Comune di Vergiate. Questa vittoria è stata ottenuta dai quattro proprietari e gestori di strutture ricettive, che, supportati da Federalberghi, hanno presentato un ricorso contestando la legittimità degli atti amministrativi che disciplinano l’imposta di soggiorno per gli ospiti degli hotel e dei B&B regolarmente registrati dal 2019.
La battaglia legale tra il Comune e gli albergatori dura da anni e ci sono già state sentenze in precedenza. In questa occasione, i ricorrenti hanno basato il loro ricorso sull’illegittimità derivata dalla Delibera di giunta regionale 145/2018, che ha identificato tutti i Comuni della Lombardia come luoghi a vocazione turistica. Hanno inoltre richiesto la nullità per violazione del giudicato, facendo riferimento alla sentenza del Consiglio di Stato del 2019, che stabiliva alcuni criteri per la determinazione delle tariffe dell’Imposta di soggiorno, in particolare il criterio della “gradualità in proporzione del prezzo”, che secondo i ricorrenti non è stato rispettato dal Comune di Vergiate. Inoltre, secondo loro, il Comune avrebbe violato la legge in quanto le delibere sono state adottate senza l’audizione preventiva delle associazioni maggiormente rappresentative, come invece richiesto dalla normativa.
Insomma, l’amministrazione ha agito in modo indipendente e ora gli albergatori hanno ottenuto ciò che volevano. A Vergiate non si può applicare la tassa di soggiorno semplicemente perché non è una città turistica. “Il Comune di Vergiate, che non è un capoluogo di Provincia né, ovviamente, un’unione di Comuni, avrebbe potuto essere legittimato all’istituzione dell’imposta solo in presenza di un atto regionale di esplicita e specifica inclusione negli elenchi delle località turistiche o delle città d’arte della Lombardia”, recita la sentenza. Tuttavia, la sentenza non accoglie le richieste di restituzione delle somme pagate nel 2019 come imposta di soggiorno, delle quali le aziende ricorrenti non hanno fornito alcuna prova né per quanto riguarda l’esistenza, né per quanto riguarda l’entità. “Allo stesso modo”, si legge ancora nella decisione dei giudici, “non possono essere accolte le richieste di risarcimento del danno presumibilmente subito dalle stesse parti ricorrenti, poiché non è stato dimostrato alcun pregiudizio effettivamente subito dalle imprese attrici”.