Il numero dei giovani detenuti è in costante aumento, ma le istituzioni carcerarie sembrano ignorare questo problema. Durante la conferenza “Ragazzi detenuti: problemi e progetti”, Stefania Mazzei ha testimoniato la sua esperienza di madre di Giacomo, morto a 21 anni a San Vittore per aver inalato una quantità letale di gas butano. Mazzei ha sottolineato che ci sono giovani che finiscono in carcere perché si “perdono” e hanno bisogno di un percorso di rieducazione, mentre altri, come Giacomo, arrivano in carcere con una patologia psichiatrica. Secondo la sua esperienza, le famiglie non vengono prese in considerazione.
Il direttore di San Vittore, Giacinto Siciliano, ha confermato l’emergenza, affermando che quasi la metà dei 840 detenuti ha meno di 30 anni. È difficile proporre modelli adeguati per questa situazione. Siciliano ha avviato il progetto “Reparto La Chiamata” in collaborazione con lo psichiatra Juri Aparo, che da anni si occupa anche dei giovani. Anche gli agenti di polizia penitenziaria sono coinvolti nel progetto. Michela Morello, comandante di San Vittore, ha sottolineato che molti ragazzi sono molto giovani e finiscono in carcere subito dopo il loro arrivo in Italia. È necessario saper ascoltare e conciliare le esigenze educative con quelle dei ragazzi.
Suor Anna Donelli, che lavora da molti anni a stretto contatto con i giovani detenuti, ha sottolineato che hanno bisogno di benevolenza, fiducia ma anche di fermezza. Il pm Francesco Cajani ha sottolineato l’importanza del ruolo dei magistrati. Ha ammesso di essere stanco di mandare le persone in carcere e ha raccontato di come quest’anno abbia passato cinque mercoledì a Opera a leggere “Delitto e castigo” insieme a giovani studenti di Legge, familiari delle vittime della criminalità organizzata ed ex criminali.
È evidente che l’aumento dei giovani detenuti rappresenta una sfida importante per le istituzioni carcerarie. È necessario sviluppare programmi e progetti specifici per rieducare questi giovani e offrire loro una possibilità di reinserimento nella società. Inoltre, è fondamentale coinvolgere le famiglie e ascoltare le loro necessità. Solo attraverso un approccio integrato e collaborativo sarà possibile affrontare efficacemente questa emergenza e garantire un futuro migliore per questi giovani.