Riavviate le indagini archeologiche nell’Alta Val di Gavia
Dopo tre decenni, sono state riavviate le indagini archeologiche nell’Alta Val di Gavia. Squadre di esperti in archeologia sono ora operanti sul campo, con l’intento di riportare alla luce i rifugi utilizzati dai primi cacciatori mesolitici che abitavano le regioni alpine circa 10.000 anni fa.
Nella settimana appena trascorsa, sono state avviate le operazioni di scavo presso la Malga di Valle dell’Alpe, con l’obiettivo di individuare e riportare alla luce le tracce lasciate dai cacciatori più antichi che popolavano l’area della Val di Gavia tra 10.000 e 8.000 anni fa, nel periodo successivo all’ultima era glaciale. Le prime segnalazioni di strumenti in pietra nella zona del Gavia risalgono alla fine degli anni Settanta, grazie agli sforzi dei ricercatori del Museo Tridentino di Storia Naturale, guidati da Bernardo Bagolini, e successivamente confermate da scavi condotti dal Consiglio Superiore delle Ricerche e dall’Università degli Studi di Milano nel 1992. In tempi più recenti, Giuseppe Cola, un appassionato esploratore delle altitudini elevate, ha fatto diverse segnalazioni di reperti archeologici. Queste segnalazioni recenti hanno spinto la Soprintendenza a incaricare l’azienda specializzata SAP Ricerche Archeologiche di condurre le attuali ricerche presso la Malga dell’Alpe.
Ciò costituisce solo la fase iniziale di un progetto articolato volto a studiare e valorizzare il patrimonio archeologico della Valle di Gavia. Quest’iniziativa è promossa congiuntamente dalla Soprintendenza, dal Parco Nazionale dello Stelvio e dal Comune di Valfurva. L’obiettivo ambizioso di questo progetto è anche di proporre nuovi modelli per la fruizione e la valorizzazione delle zone di alta montagna. Questi siti conservano testimonianze preziose di antichi scambi avvenuti tra le diverse parti delle Alpi. Ad esempio, gli strumenti in pietra come punte di freccia e lame di coltelli, abbandonati dai cacciatori mesolitici e ritrovati sul Gavia, sono per lo più realizzati in selce, un materiale che non è nativo della regione ma è stato portato da lontano, dalle Prealpi lombarde e dalla Valle dell’Adige.
Questi studi sono di particolare rilevanza poiché offrono anche informazioni preziose sui cambiamenti climatici avvenuti in queste aree dalla fine dell’ultima era glaciale, circa 12.000 anni fa. L’indagine proseguirà fino alla metà di agosto, e si auspica che a partire dall’anno prossimo possa essere ripetuta annualmente, coinvolgendo inoltre istituti universitari e organizzazioni di ricerca.