Vincenzo Peruggia, il ladro della Gioconda: una storia di genio e patriottismo

Vincenzo Peruggia, nato a Dumenza il 8 ottobre 1881, è stato un decoratore italiano che è passato alla storia per aver rubato il quadro più famoso del mondo dal museo del Louvre a Parigi. Prima di parlare del furto della Gioconda e delle motivazioni che spinsero Peruggia a compiere questa azione, facciamo una breve introduzione sulla storia e l’importanza di questo straordinario capolavoro.

La storia di Monna Lisa racchiude in sé la grandezza del suo autore, Leonardo da Vinci. Oltre a portare nel mondo i risultati tangibili del suo genio, il maestro toscano ha lasciato un’enorme eredità di enigmi, misteri e desiderio di scoperta che continua ad affascinare e stupire ancora oggi. Leonardo ha insegnato al mondo il potere della verità, osservando le stelle ha insegnato agli uomini ad esplorare se stessi e a cercare la bellezza anche nell’universo più lontano.

La Gioconda è una delle opere più straordinarie e conosciute tra le 17 attribuite con certezza a Leonardo da Vinci. Realizzato nel 1505, il quadro custodisce il segreto di una storia misteriosa e impenetrabile che, come spesso accade con i capolavori di Leonardo, ha generato nel corso dei secoli una quantità incredibile di teorie e congetture. Una di queste teorie sostiene l’esistenza di due “Gioconde”: una che rappresenta Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo, e l’altra che raffigura l’amante di Giuliano de Medici, Costanza d’Avalos, una donna così piacente e sorridente da essere chiamata “la Gioconda”. La storia delle due Gioconde è curiosa e divertente, ma molto probabilmente sconosciuta a colui che, nella calda estate parigina del 1911, ha rubato il famoso ritratto dal Louvre, rendendo il mito della Monna Lisa ancora più assoluto.

Vincenzo Peruggia è stato considerato da molti un eroe nazionale, l’uomo che ha riscattato e vendicato le ingiustizie subite dagli italiani all’estero. La serie di eventi che ha portato a questo eclatante furto è la seguente: figlio di immigrati, il giovane Peruggia si trasferì a Parigi nel 1907, dove lavorò come imbianchino. Durante questo periodo, contrasse una malattia chiamata saturnismo, causata dalle esalazioni di piombo presenti nella vernice. Ed è proprio in questo momento che la storia, come nelle trame dei grandi romanzi, ha offerto al nostro eroe l’opportunità di agire e redimersi, conducendolo al museo del Louvre. Dopo essersi ripreso dalla malattia, Peruggia fu assunto dalla ditta del Signor Gobier per pulire e proteggere i quadri del museo. In quel preciso momento, Peruggia capì cosa doveva fare: rubare il quadro e riportarlo in patria. Oltre al patriottismo, le motivazioni di Peruggia, come racconta sua figlia in un’intervista, erano più complesse: “credeva che il quadro fosse bottino di Napoleone. […] voleva beffarsi dei francesi, che ridevano per il suo mandolino, e lo chiamavano sprezzanti mangia-maccheroni”. Dopo aver staccato il quadro dalla sua posizione originale, Peruggia si assicurò di rimuovere la cornice e di allontanarsi rapidamente attraverso la Sala dei Sept Mètres. Uscito dal museo senza essere fermato, prese un autobus e una vettura con il quadro sotto il braccio. Una volta a casa, per evitare che l’opera si danneggiasse a causa dell’umidità, Peruggia decise di lasciarla nell’appartamento di un amico artista, Vincenzo Lancellotti, e di recuperarla successivamente dopo aver costruito una cassa di legno apposita per custodirla.

Non solo il furto della Gioconda, ma in generale il furto di un quadro al Louvre rappresentava una novità assoluta; le indagini si svolsero in modo lento e con grandi difficoltà: chi avrebbe mai sospettato di un imbianchino italiano? I sospetti ricaddero su più di 1300 persone, ma i primi a finire in carcere furono Guillaume Apollinaire e Pablo Picasso. Il primo venne arrestato per aver dichiarato la volontà di eliminare l’arte del passato in favore di una nuova arte, mentre il secondo venne coinvolto perché aveva utilizzato come fonte di ispirazione delle statue fenicie precedentemente sottratte al Louvre dal segretario di Apollinaire e poi vendute allo stesso Apollinaire, che credeva fossero delle imitazioni. Picasso si era ispirato a queste sculture per dipingere “Les Demoiselles de Avignon” nel 1907.

Dopo mesi di indagini, la gendarmeria interrogò l’imbianchino italiano che, dopo aver nascosto la Gioconda in un nascondiglio all’interno di un tavolo, riuscì nuovamente a sfuggire alla legge. Molti credevano che la Monna Lisa non fosse più in Francia e i giornali iniziarono a parlare di un complotto internazionale. Nel 1913, quando un noto collezionista fiorentino annunciò di voler organizzare una mostra con l’esposizione di collezioni private, un certo Monsieur Leonard V. si presentò. Durante un incontro in un hotel fiorentino, il collezionista Alfredo Geri capì immediatamente che ciò che aveva tra le mani era il capolavoro di Leonardo da Vinci. Peruggia aveva utilizzato il nome Monsieur Leonard V. in modo ironico per portare il quadro a Firenze e restituirlo agli Uffizi, senza sapere che l’opera apparteneva di diritto alla Francia, in quanto era stato lo stesso Leonardo a venderla a Francesco I di Francia nel 1516.

Nonostante i suoi nobili piani patriottici, Vincenzo Peruggia è stato condannato colpevole nel 1914 e ha scontato una pena di sette mesi di carcere. Dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale, ha trascorso il resto della sua vita in Francia, dove ha nuovamente sfidato la legge cambiando il suo nome da “Vincenzo” a “Pietro” sui documenti. È morto a Saint-Maur-des-Fossés il 8 ottobre 1925, nel giorno del suo 44° compleanno.

(Foto © @magamaudit)

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