Cronaca nera

27 Agosto 2023 – 12:05

Dal controllo sul computer emergono le ricerche fatte dal barman 30enne per liberarsi del figlio: “Come avvelenare un feto”

Sono trascorsi alcuni mesi dalla morte di Giulia Tramontano e del piccolo Thiago, il bimbo che la 29enne portava in grembo, eppure continuano a emergere dettagli inquietanti circa la terribile vicenda. Dettagli che dimostrano quanto Alessandro Impagnatiello, l’uomo che avrebbe dovuto amare e proteggere Giulia e il bambino, avesse in realtà tutta l’intenzione di liberarsi di quello che per lui era soltanto un fastidio, un peso.

Dai controlli effettuati sul computer del 30enne, infatti, è emerso che il giovane barman aveva fatto accurate ricerche anche per disfarsi del bimbo non ancora nato. La procura della Repubblica, infatti, ha scoperto che Impagnatiello aveva digitato sul motore di ricerca domande come “come uccidere una donna incinta con il veleno” o “come avvelenare un feto”.

Tutto porta dunque a pensare che Alessandro Impagnatiello non voleva il piccolo Thiago nella sua vita.

Eliminare gli ostacoli

Impagnatiello era preso da una nuova relazione e non voleva più Giulia, né tantomeno il loro bambino in arrivo. Era soprattutto il piccolo Thiago a costituire un problema. Problema che quella maledetta sera del 27 maggio il 30enne ha voluto risolvere nel più atroce dei modi, accoltellando la sua compagna a morte con ben 37 fendenti nella loro casa di Senago.

Gli inquirenti incaricati del caso hanno chiesto maggiore tempo. Tempo per analizzare tutti gli elementi a disposizione e per effettuare un ulteriore accertamento medico, più specifico, sul corpicino di Thiago. Il bambino doveva nascere lo scorso luglio, e oggi avrebbe circa un mese di vita.

Questa parola, “veleno”, è comparsa troppe volte. Adesso gli inquirenti si chiedono se nel feto possano essere o meno trovate tracce di una qualche sostanza tossica. Gli investigatori temono che Impagnatiello possa aver somministrato a Giulia, e quindi al bambino, del veleno. Ecco il perché della richiesta dei superperiti di altro tempo per effettuare ulteriori esami.

Per avere delle risposte a questa domanda bisognerà attendere settembre. Solo allora sapremo la verità e fino a che punto si sia spinta la crudeltà dell’assassino. Una volta acquisiti tutti gli elementi, sarà redatta una relazione finale che costituirà un punto essenziale nella formulazione delle aggravanti. Fra queste, si parla della premeditazione.

Un’altra verifica verrà effettuata su un capello rinvenuto nel cellophane impiegato per avvolgere il corpo senza vita di Giulia. Dal test del Dna di quel capello gli inquirenti sapranno se al momento di nascondere il cadavere della giovane ci fosse o meno un’altra persona, oltre al 30enne. L’esame sarà effettuato nei laboratori del Ris di Parma.

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