BUSTO ARSIZIO – Ci sono persone che negano fermamente di aver commesso qualcosa di illecito e altre che forniscono la propria versione dei fatti: “Nessun raggiro, nessuna manipolazione: quei soldi ci sono stati offerti”. Oggi (giovedì 31 agosto) sono comparsi davanti al Gip per l’interrogatorio di garanzia Gioacchino Fera, 53 anni, residente a Varese, infermiere, Giuseppe Santuccione, residente a Cepagatti in provincia di Pescara e Andrea Luraschi, 34 anni, di Venegono Superiore, architetto. I tre sono stati arrestati dai militari della guardia di finanza del comando provinciale di Varese in seguito all’indagine coordinata dal pubblico ministero di Busto Arsizio Ciro Caramore, in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari bustocco Stefano Colombo.

Vittime psicologicamente fragili

Il “trio” è accusato di aver raggirato donne sole e fragili psicologicamente, spogliandole dei loro beni attraverso “condotte manipolatorie”: una delle due vittime, di Busto Arsizio, è stata derubata tra il 2016 e il 2018 del patrimonio ereditato e attualmente vive in condizioni di indigenza, aiutata dai servizi sociali, mentre per l’altra, di Induno Olona, gli arresti hanno sventato ulteriori spoliazioni. Secondo gli inquirenti i tre avrebbero sottratto oltre un milione di euro.

Soldi “regalati”

Nessuno degli arrestati oggi si è avvalso del diritto di non rispondere. Santuccione, ascoltato per rogatoria a Pescara, ha negato con forza ogni accusa sostenendo di non aver mai avuto nulla a che fare con la vicenda oggetto d’indagine. Fera e Luraschi, comparsi davanti al Gip Colombo nella mattinata di oggi in tribunale a Busto, non si sono sottoposti all’interrogatorio ma hanno rilasciato dichiarazioni spontanee. Secondo le loro dichiarazioni, il denaro gli sarebbe stato offerto spontaneamente senza che loro abbiano mai messo in atto condotte manipolatorie. Secondo gli inquirenti i tre, che sarebbero ludopatici, avrebbero agito perché strozzati dai debiti contratti anche con usurai.

Proveremo la nostra innocenza

“Oggi era impossibile fare diversamente e affrontare un interrogatorio di garanzia prima di aver approfondito il corposo fascicolo di indagine”, ha commentato l’avvocato Rita Mallone (foro di Como), che difende entrambi. “I miei assistiti, però, non hanno voluto avvalersi del diritto di non rispondere insistendo per dare la loro versione dei fatti. Versione che non implica la commissione di alcun reato né comportamenti manipolatori. Dovremo esaminare tutta la documentazione che, come ho detto, è molto corposa. Ad esempio, verificheremo se la fragilità delle presunte vittime sia attestata da diagnosi mediche. Come ho detto, c’è molto da analizzare. Successivamente valuteremo se essere sentiti dal Pubblico Ministero; di certo non chiederemo patteggiamenti. I miei assistiti, in caso di rinvio a giudizio, sono motivati ad affrontare un dibattimento o un rito abbreviato in cui poter dare la loro versione dei fatti e provare la loro estraneità agli stessi”. La difesa ha chiesto il rilascio degli indagati o, in alternativa, l’applicazione della misura meno afflittiva possibile.

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