La famiglia e il suo ruolo sono un fattore determinante nella prevenzione e nel contrasto alla criminalità minorile. Tuttavia, quando il contesto in cui si sviluppa la vita di un ragazzo è segnato da reati gravi, il rischio è che l’ammonimento e le misure educative perdano efficacia.

Attualmente, si stanno prendendo importanti decisioni per la giustizia minorile, come si evince dal recente decreto legge che prende il nome da Caivano e che mira a contrastare il disagio giovanile, la povertà educativa e la criminalità minorile.

Tra le disposizioni previste, non figura l’abbassamento dell’età d’imputabilità dei minori, da 14 a 12 anni. Questa è una misura da sempre avversata dalla magistratura minorile, e la sua mancata inclusione nel decreto è stata accolta con soddisfazione dalla presidente del tribunale dei minori di Brescia e dell’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia, Cristina Maggia.

Tuttavia, Maggia sottolinea che l’ammonimento come misura punitiva può essere efficace solo se il minore ha una famiglia adeguata. Purtroppo, chi commette reati gravi spesso non ha una famiglia che possa svolgere un ruolo educativo adeguato. Pertanto, l’ammonimento risulta efficace solo in contesti non criminali, non in quelli in cui si sviluppano reati più gravi.

Un altro tema che emerge è quello della pena. Nella giustizia minorile, si cerca di privilegiare percorsi educativi rispetto alla condanna, poiché le pene più gravi non scoraggiano e l’aggravamento della pena non ha mai fermato nessuno intenzionato a commettere reati. Tuttavia, Maggia sottolinea che alcune ipotesi di reato non prevedono l’arresto come misura punitiva, ma sarebbe stato auspicabile l’inserimento di un reato di lesioni gravissime che avrebbe richiesto una misura punitiva più forte.

Inoltre, si pone il problema del percorso rieducativo fissato dal giudice. Se il minore si comporta bene, il reato si estingue. Tuttavia, questa rigidità nel fissare il percorso può pregiudicare la possibilità di una messa alla prova in fasi successive, quando magari il minore ha maturato e potrebbe essere più recettivo a un percorso di rieducazione.

Infine, è importante considerare anche la questione degli istituti penali minorili. Non bisogna limitarsi a considerare solo il carcere come unico rimedio. Esistono situazioni e contesti emergenziali in cui le strutture penali attuali possono contribuire ad aumentare il livello di rabbia dei minori.

In conclusione, è fondamentale considerare il ruolo della famiglia e il contesto in cui si sviluppa la vita di un minore nel prendere decisioni riguardanti la giustizia minorile. È necessario adottare misure adeguate al contesto e favorire percorsi educativi che tengano conto della maturazione del minore nel corso del tempo. Inoltre, bisogna considerare alternative al carcere come misura punitiva, cercando di affrontare le cause profonde dei comportamenti criminali minorili.

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