La morte di Francesca Quaglia, avvenuta il 29 agosto nel quartiere Porta Romana di Milano, non è da attribuire a una tragica fatalità, secondo l’avvocato Giovanni Domeniconi, che assiste la famiglia della giovane. Nuovi elementi emersi dalle indagini hanno chiarito la dinamica dell’incidente. Contrariamente a quanto si pensava, Francesca si trovava in sella alla sua bicicletta, procedendo nella stessa direzione del camion che l’ha tamponata. L’autista del mezzo pesante, un 54enne, è indagato per omicidio stradale. Il camion ha urtato la parte posteriore della bicicletta, causandone il ribaltamento e travolgendo Francesca. Non ci sono “angoli ciechi” che abbiano causato l’incidente.
La bicicletta della giovane si trovava alla sinistra del camion, vicino a un semaforo, quando il mezzo pesante l’ha agganciata, provocandone il ribaltamento e schiacciandola immediatamente dopo. Le gravi lesioni causate dall’autocarro hanno determinato la morte quasi istantanea di Francesca, che era in perfette condizioni di salute e aveva un futuro promettente. Sono in corso ulteriori indagini sulla morte della ragazza, comprese analisi cinematiche e delle telecamere di sorveglianza della zona.
Intanto oggi si terrà l’ultimo saluto alla giovane traduttrice appassionata di viaggi, lingue straniere e natura. La madre di Francesca aveva dichiarato di non volere un funerale, ma il corpo verrà cremato. La famiglia organizzerà un ricordo all’interno de “La casa delle farfalle” di Medicina, uno dei luoghi più cari alla ragazza.
Francesca era nata e cresciuta a Medicina prima di trasferirsi per lavoro e studio tra Venezia, Milano e la Svezia. Da qualche anno lavorava come traduttrice e copywriter per una rivista milanese. Era una grande amante della natura e dei viaggi. La sua vita era contraddistinta da un senso di assoluta libertà. Oltre al dolore per la perdita di una figlia, la famiglia deve affrontare la verità di ciò che fino a poco tempo fa sembrava una tragica fatalità.