Senago, 9 settembre 2023 – Il femminicidio e la mafia sono due mali profondamente radicati nella nostra società e cultura. È forse per questo motivo che Antonio Ingroia, ex magistrato, politico e procuratore antimafia, ha deciso di partecipare al bando e di assistere gratuitamente il Comune di Senago nella costituzione di parte civile nel processo contro Alessandro Impagnatiello, il reo confesso dell’omicidio di Giulia Tramontano.

Cosa ne pensa della costituzione di parte civile da parte del Comune di Senago?

“Questa scelta ha molti significati. Innanzitutto, ha un valore simbolico: si invia un segnale alla comunità, dimostrando che il Comune non rimane indifferente di fronte a un crimine, ribadendo che è dalla parte della vittima e dei suoi familiari. In secondo luogo, Senago ha subito un danno d’immagine. Prima di questo femminicidio, poche persone conoscevano questo Comune alle porte di Milano, ma è diventato noto a causa di qualcosa di atroce. Pertanto, è giusto che riceva un risarcimento non solo economico, ma anche in termini di immagine, per ribadire che è una comunità di cittadini onesti. E infine, per ricordare che Giulia faceva parte della comunità di Senago e che il Comune desidera sedersi in aula accanto alla vittima durante il processo”.

È la prima volta che un Comune si costituisce parte civile?

“Direi di sì. Non credo ci siano precedenti di questo tipo, ma ritengo che Senago sia un Comune “virtuoso” in tal senso e spero che possa essere d’esempio. E qui c’è un’altra somiglianza con la mafia: ci sono voluti decenni prima che un Comune si costituisse parte civile nei processi contro la criminalità organizzata. Ora è diventato normale”.

Qual è la sua opinione su questo femminicidio?

“Prima di tutto, vorrei precisare che non ho ancora incontrato il sindaco di Senago né ho avuto accesso agli atti. Tuttavia, penso che l’omicidio di Giulia Tramontano sia stato spietato e crudele, commesso senza scrupoli da un uomo che considerava la sua compagna e il nascituro come un ostacolo alla sua affermazione e ha deciso di ucciderli premeditatamente”.

Inizialmente, sembrava diverso, ma i magistrati hanno contestato l’aggravante della premeditazione.

“Devo ammettere che anche io, dopo aver appreso le prime notizie, ho pensato a un omicidio impulsivo, non pianificato. Sembrava che Impagnatiello avesse agito impulsivamente e che poi avesse cercato disperatamente di cancellare le prove”.

Dalle indagini è emerso altro.

“Credo che la premeditazione sia evidente. Impagnatiello ha organizzato l’omicidio, ha pianificato le lacrime per garantirsi l’impunità, ma gli inquirenti sono stati più abili di lui e lo hanno smascherato”.

Perché ha deciso di partecipare al bando di Senago?

“Ho uno studio a Limbiate, che si trova poco distante da Senago. I miei colleghi mi hanno parlato di questa opportunità e, dato che ho seguito il caso fin dall’inizio, ho deciso di inviare il mio curriculum. Non è il primo femminicidio di cui mi occupo, sono l’avvocato di parte civile del marito di Alice Neri, la donna uccisa in provincia di Modena lo scorso novembre. In questo caso, le prove contro il compagno di Giulia sono schiaccianti, a differenza di quello di Impagnatiello. Credo che l’ergastolo sia inevitabile”.

Dai processi per mafia a quelli per femminicidio, molti hanno pensato che si trattasse di un suo omonimo ad essere stato scelto.

“Il femminicidio è il risultato di una cultura di violenza maschile sulle donne, di un degrado delle relazioni e purtroppo sta diffondendosi nel nostro Paese, proprio come la subcultura mafiosa si è diffusa da secoli. I processi sono anche un momento per tenere accesi i riflettori dell’opinione pubblica e riflettere su questioni importanti come la mafia e il femminicidio”.

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