Alessandro Maja, l’uomo che ha commesso il tragico omicidio della sua famiglia lo scorso anno, è stato processato nel Tribunale di Busto Arsizio. La casa in cui si è svolto il massacro, situata in via Torino 32 a Samarate, è rimasta immutata da quella drammatica notte del 3-4 maggio. Domani una ditta specializzata interverrà per pulire il sangue e le tracce del massacro, con un costo di oltre 10mila euro a carico dei nonni materni, Giulio e Ines, che si prendono cura del figlio sopravvissuto, Nicolò. Il giovane si sta preparando per un delicato intervento chirurgico all’ospedale di Varese per la ricostruzione del cranio, che è stato sfondato dal padre con un martello.

Nelle motivazioni della sentenza di primo grado, emessa dalla Corte d’Assise di Busto Arsizio presieduta dal giudice Giuseppe Fazio, si afferma che Alessandro Maja non ha manifestato alcun pentimento per i suoi atti e non ha mostrato alcuna resipiscenza, soprattutto nei confronti della moglie. La questione economica è stata affrontata, definendo “risibile se non canzonatoria” l’offerta di 15mila euro al figlio Nicolò, considerando la “relativa irrisorietà” della somma. I giudici hanno sottolineato che l’imputato non ha offerto alcun risarcimento o supporto finanziario al figlio per affrontare le lunghe e complesse cure a cui dovrà sottoporsi, nonostante avesse beni immobili e una consistente liquidità sul suo conto corrente, pari a 270mila euro.

La Corte non ha dubbi sulla capacità di intendere e volere di Alessandro Maja al momento del massacro, come stabilito dalla perizia psichiatrica, né sulla sua volontà di “eliminare tutti i membri della propria famiglia”. Tuttavia, è stata esclusa l’aggravante della crudeltà, poiché Maja non ha compiuto atti aggiuntivi che avrebbero prolungato la sofferenza delle vittime durante gli omicidi e il tentato omicidio.

Il gesto di tagliare la gola alla moglie dopo averla colpita alla testa con una mazzetta intorno alle 5 del mattino non indica la volontà di infliggere ulteriori sofferenze alla coniuge. Questo gesto è stato compiuto in un contesto di problemi familiari e lavorativi che si erano ingigantiti nella mente di Maja, geometra di 59 anni e titolare di uno studio di progettazione a Milano. La sua caduta nella follia emerge anche da uno scambio di messaggi con un amico imprenditore, che aveva criticato un progetto di interni affidato a Maja per un locale a Milano.

Il 17 aprile 2022, il professionista scrisse un messaggio di scuse all’amico, spiegando di trovarsi in una situazione “terrificante” e di avere “cattivi pensieri”. Temeva che il committente di un grosso lavoro gli avrebbe fatto causa e si sarebbe impossessato di tutti i suoi averi. Queste ossessioni si sono sviluppate nella mente dell’uomo che, pochi giorni dopo, avrebbe sterminato la sua famiglia.

Il suocero di Alessandro Maja, Giulio Pivetta, afferma che l’ergastolo è la giusta pena e spera di non avere sorprese nel processo d’appello. La famiglia vive per Nicolò, che sta facendo tutto il possibile per riprendersi e desidera una vita normale. Questa battaglia si manifesta anche attraverso gesti simbolici: il giovane, che sognava di diventare un pilota di aerei, ha recentemente ripreso a volare e a guardare il mondo dall’alto, sorvolando il lago di Como in compagnia del suo amico Roberto Negretti.

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