La fibrillazione atriale è una forma comune di aritmia cardiaca che colpisce circa l’1% della popolazione, ma la percentuale aumenta con l’età e raggiunge quasi il 10% nella popolazione over 80. Questa condizione è più comune nelle persone di età superiore ai 65 anni e gli uomini sono solitamente più colpiti rispetto alle donne. I sintomi della fibrillazione atriale possono includere accelerazione e irregolarità dei battiti cardiaci, stanchezza o palpitazioni temporanee. Tuttavia, a volte la condizione non presenta segni evidenti e la diagnosi può essere fatta solo dopo la comparsa di complicazioni.
Il dottor Fernando Scudiero, specialista in Malattie dell’apparato cardiovascolare e dirigente medico dell’Unità operativa complessa di Cardiologia dell’Asst Bergamo Est, spiega che la fibrillazione atriale non mette a rischio solo il cuore, ma anche e soprattutto il cervello. Durante la fibrillazione atriale, l’irregolarità dei battiti cardiaci può causare disturbi nella circolazione del sangue, che possono portare alla formazione di piccoli coaguli. Quando questi coaguli si spostano attraverso le arterie, possono causare un’interruzione improvvisa del flusso di sangue e dell’ossigeno agli organi che vanno a nutrire. Se l’arteria interessata è una delle arterie che portano sangue al cervello, le conseguenze possono essere un’ischemia transitoria o un ictus, con danni spesso irreversibili. Le persone affette da fibrillazione atriale possono avere un rischio fino a cinque volte maggiore di sviluppare un ictus cerebrale.
È importante diagnosticare precocemente l’aritmia cardiaca per ridurre il rischio di ischemia cerebrale. Con cure mediche specifiche, è possibile rendere il sangue più fluido e ridurre la probabilità di formazione di coaguli che ostruiscono le arterie cerebrali. Il trattamento deve essere personalizzato, ma se il rischio di ictus è elevato, è fondamentale mantenere il sangue fluido con farmaci anticoagulanti. In passato, i farmaci anticoagulanti disponibili erano principalmente derivati cumarinici come la warfarin e l’acenocumarolo. Tuttavia, la loro efficacia può essere influenzata dall’interazione con altri farmaci e richiedono un monitoraggio regolare tramite esami del sangue. Oggi ci sono nuovi anticoagulanti orali altrettanto sicuri, che hanno un meccanismo d’azione che riduce le interazioni con altri farmaci e semplifica la gestione del dosaggio.
Purtroppo, la terapia anticoagulante orale non è ben tollerata da alcuni pazienti, come quelli con precedenti emorragie gastrointestinali o cerebrali, o con ridotti valori di emoglobina, o con precedenti interventi coronarici che richiedono una terapia antiaggregante associata. Tuttavia, per questi pazienti è disponibile un’opzione terapeutica valida: la chiusura percutanea dell’auricola sinistra. Questo intervento chirurgico mininvasivo al cuore viene eseguito in anestesia locale presso l’ospedale Bolognini di Seriate. L’auricola sinistra è una piccola sacca nel cuore che, in caso di fibrillazione atriale, diventa l’area principale in cui il sangue non circola regolarmente. Durante l’intervento, un cardiologo interventista inserisce un catetere attraverso una vena dell’inguine e posiziona un dispositivo (protesi) all’imbocco dell’auricola per escluderla dal circolo sanguigno. Questo intervento minimamente invasivo protegge il paziente dagli eventi ischemici cerebrali correlati alla fibrillazione atriale senza gli effetti collaterali dei farmaci anticoagulanti orali. Il recupero è solitamente rapido e i pazienti possono essere dimessi entro 48 ore dalla procedura.