L’infiltrato delle cosche calabresi nella municipalizzata dei rifiuti di Lecco

Beniamino Bianco, ex dipendente di SileaLecco, è stato identificato come l’infiltrato degli ‘ndranghetisti delle cosche calabresi nella Spa pubblica dell’immondizia nel Lecchese. L’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa è stata formulata dai magistrati della Procura della Repubblica di Catanzaro, guidati fino a poco tempo fa da Nicola Gratteri. La scorsa settimana, nell’ambito dell’operazione antimafia Karphatos, sono state notificate 52 misure cautelari a 38 indagati finiti in carcere, 6 ai domiciliari e 8 con obbligo di prestazione agli agenti della polizia giudiziaria.

Tra gli indagati vi è anche Beniamino Bianco, 58 anni di Oggiono, ex responsabile commerciale e rappresentante legale di Silea. Secondo gli atti d’inchiesta, “le indagini hanno permesso di accertare come il suddetto, che ha frequentazioni con personaggi di spicco della cosche calabresi radicate sul territorio lombardo, sia a completa disposizione dell’associazione ‘ndranghetista… adoperandosi per gli affiliati che intendono stabilirsi al nord o che in ogni caso necessitino di lavoro, facendoli assumere presso la società Silea Spa. Si è accertato come abbia procurato ben quattro assunzioni a affiliati o soggetti vicini ad affiliati, quali loro stretti familiari”.

Sfruttando la sua posizione, Bianco ha reclutato in Silea, trasformata in una sorta di ufficio di collocamento per i picciotti di Petronà, tra cui quelli del boss Franco Coco Trovato, e Cerva. Ad esempio, ha assunto il 32enne Danilo Monti, che il 14 aprile 2015 ha ucciso a Simeri Mare il macellaio 35enne Francesco Rosso, il valmadrerese di 40 anni Claudio Gentile e il calolziese di 40 anni Vincenzio Marchio. I tre sono stati tutti coinvolti e condannati nell’operazione Cardine Metal Money scattata a febbraio 2021 per smantellare l’impero milionario fondato su estorsioni, frodi fiscali, usura e traffico di rottami radioattivi del boss 70enne Cosimo Vallelonga, il cui quartier generale era un mobilificio della Valletta Brianza.

Sia l’infiltrato presunto, sia i picciotti che ha assoldato a spese dei contribuenti sono stati poi costretti a rassegnare le dimissioni in cambio di una generosa buonuscita, altrimenti Silea sarebbe stata commissariata o addirittura chiusa. Né i vertici di Silea, né i sindaci dei paesi soci hanno mai voluto rilasciare dichiarazioni in merito, né quando abbiamo raccontato in anteprima su “Il Giorno” quanto accaduto, né in seguito all’ultima operazione antimafia che coinvolge anche l’ex rappresentante legale di Silea.

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