Il Tribunale di Busto Arsizio ha recentemente applicato per la prima volta in Italia le norme della “giustizia riparativa”. Questo strumento, ancora poco conosciuto, ha destato perplessità nella gente a causa della presentazione come un “beneficio” per un condannato a 30 anni di carcere per un femminicidio. Tuttavia, si è successivamente chiarito che la “giustizia riparativa” è un percorso che mira a riparare i rapporti tra vittime, colpevoli e comunità dopo la commissione di un reato. È positivo che sia coinvolta anche la “comunità”, ma è importante che la gente venga informata e coinvolta in queste decisioni. Non vogliamo entrare nel caso specifico, ma sorge il dubbio che questo strumento possa essere utile solo alla difesa del colpevole. Tuttavia, se applicata correttamente in casi adeguati, la “giustizia riparativa” potrebbe essere un’opportunità per risolvere situazioni di stalking, bullismo, violenze familiari, droga, truffa, etc. È interessante il richiamo alla “comunità” come parte integrante del processo di giustizia, in contrasto con l’immagine di un sistema giudiziario distante e poco comprensibile per la gente comune. È necessario che la riforma della giustizia acquisisca le motivazioni per eliminare il dubbio diffuso che l’ingiustizia possa sembrare giusta.

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