Il sindaco di Gallarate, Andrea Cassani, ha espresso il suo commento sulla sentenza di assoluzione nel caso “Mensa dei poveri” attraverso un post pubblicato sui suoi canali social. Il sindaco non nasconde la sua amarezza per l'”ingiusta sofferenza causata ai suoi familiari”.
Oggi dovrebbe essere un bel giorno per me, ma la gioia per la piena assoluzione perché “il fatto non sussiste” si accompagna all’irritazione di essere finito in un’inchiesta in cui in realtà ero un baluardo della legalità e poi, a causa di calunniatori, sono stato coinvolto in modo assurdo, passando da testimone a indagato.
Ho scoperto di essere stato indagato dai telegiornali nazionali, tuttavia, avendo fiducia nella giustizia, non mi sono preoccupato più di tanto: non avendo nulla da nascondere, le indagini avrebbero confermato la mia estraneità agli assurdi addebiti.
Poi è arrivato il rinvio a giudizio, sempre appreso dalla stampa, e lì ho capito che la giustizia in Italia non si può scrivere sempre con la “G” maiuscola: non una prova, non un indizio eppure ero a processo.
Da allora sono passati anni di disonore mediatico, c’è chi ha cercato di massacrarmi, ma ha fatto più male alla mia famiglia.
Questa famiglia che mi è stata vicina, così come gli amici e il Movimento. Ricordo una chiamata quella mattina in cui ho ricevuto la notizia del rinvio a giudizio: “Chi ti conosce sa che è una cosa assurda che tu possa essere coinvolto in questa indagine”… era Giancarlo Giorgetti che mi esprimeva la sua vicinanza, così come hanno fatto anche Matteo Salvini e molti altri esponenti nazionali e locali.
Sapere che qualcuno senza prove ha chiesto il mio rinvio a giudizio e qualcuno l’ha accordato, fa pensare a una giustizia sommaria.
Ora è arrivata la sentenza, assoluzione perché “il fatto non sussiste”. Qualcuno mi ha detto: “La giustizia è stata fatta…”. Beh, non sono d’accordo. Chi mi ha calunniato verrà indagato per ciò che si è inventato?
A chi ha chiesto e accordato il mio rinvio a giudizio verrà chiesto conto del proprio operato? Chi ha chiesto le mie dimissioni, infangando la mia persona, verrà a chiedermi scusa? Lo stesso eco mediatico ottenuto dalla notizia delle indagini avrà l’odierna sentenza di piena assoluzione?
Qualcuno pagherà per l’ingiusta sofferenza causata ai miei familiari? Tutte queste domande hanno risposte scontate e per questo dico che anche l’assoluzione non basta comunque per fare giustizia su tutta questa vicenda.