Famiglie al completo (con bambini), e la relativa “visita” dei ladri nonostante i residenti siano in casa, di giorno.

Un elemento che innalza l’asticella sul fronte delle capacità criminali legate alle possibili conseguenze (con gli occupanti in casa, un furto rischia di trasformarsi rapina), ma anche alla sensazione di insicurezza che deriva dal passaparola: specialmente nei paesini che si affacciano sul Ceresio, la situazione è esattamente questa.

Le fonti investigative parlano di una ciclicità di questi fenomeni che si verificano di anno in anno specialmente nel periodo autunnale. Dunque esistono i rimedi tradizionali che da sempre riguardano l’attività sul territorio: servizi mirati e preventivi.

Ma c’è anche altro. Proprio a seguito di una recrudescenza stagionale di furti in appartamento e in villa, la polizia Locale di Lavena Ponte Tresa nell’esecuzione dell’accordo con le polizie Locali di Arcisate e Monte Orsa nonché con la polizia di Stato ha adottato una task force intercomunale per prevenire i furti e le truffe in abitazioni private, nonché per eseguire rilievi scientifici al fine di indagare sui responsabili delle incursioni.

Fra le dotazioni degli agenti, cioè, c’è anche uno speciale kit dattiloscopico che consente di rilevare le impronte digitali sul luogo della chiamata per l’avvenuto furto, già impiegato nell’ultimo weekend per un colpo in villa a Lavena Ponte Tresa a seguito del quale la polizia locale ha intercettato un veicolo con persone sospette a bordo.

Nell’immaginario collettivo il rilievo delle impronte riguarda quella fascia investigativa che viene associata ai più efferati delitti. Invece per reati comuni quali i furti spesso rappresentano uno strumento che nelle mani di agenti di polizia giudiziaria – competenza che può venir assolta anche dal personale della polizia Locale – può dare frutti inaspettati. In passato più volte le stesse forze dell’ordine, sempre in provincia di Varese, hanno impiegato investigazioni partite da una semplice impronta di scarpone lasciata su di una parete di un appartamento, e processi, sempre per furto (e non per omicidio) hanno visto il dna su di un torsolo di una mela mangiata da un ladro e lasciato sul luogo del furto come prova principe su cui innestare le attività di Accusa.

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