Perdersi nel bosco alla ricerca di funghi e osservando i cambiamenti autunnali delle foglie può essere un modo per alleviare il malessere e lasciare emergere il disincanto dell’ozio. Prendersi del tempo per ozieggiare è salutare, piacevole e aiuta a organizzare il presente e il futuro prossimo. Camminare dolcemente tra gli alberi di acero e percepire gli odori del muschio e dell’erba bagnata dalla rugiada del mattino ci fa rivivere il sapore del caffè appena preso, ma non rimuove ciò che accade nel mondo: incidenti, morti, feriti. Sono fatti che si ripetono costantemente, c’è un senso di fatalismo permanente. Si piange, poi si lascia che le cose marciscano e invecchino. Questa è una posizione antica che si è accentuata negli ultimi decenni. Basta percorrere le strade comunali, provinciali, statali e autostrade per accorgersi della negligenza e della mancanza di manutenzione ordinaria e straordinaria. Ogni volta che si utilizza l’auto o un mezzo di trasporto, è necessario toccare l’amuleto. È necessario ripensare alle infrastrutture stradali e alle periferie. Anche il modello di Milano sta perdendo il senso di una prospettiva più sociale e innovativa: non è sufficiente avere quattro grattacieli che attirano l’attenzione per poter dire che una città è bella e internazionale. Ci sono città metropolitane europee che la superano agevolmente, senza considerare Palermo o Roma. C’è un ritardo storico. Non parliamo poi dei treni regionali, sono un vero calvario. Le stazioni sono state lasciate andare in rovina, sono diventate non luoghi, discariche e è inevitabile che si verifichino condizioni di disagio sociale che nessuna misura di sicurezza potrà risolvere. Militarizzare tutto fa comodo alla politica paranoica che cerca un capro espiatorio per rafforzare il proprio potere e risponde solo a un falso bisogno di sicurezza. La politica della sicurezza è uno strumento che serve a rafforzare le paure, a cercare un consenso effimero di poco valore. È il degrado urbano e ambientale che deve essere recuperato. Militarizzare la città, come richiede anche Bergamo, significa che la giunta di centrosinistra è incapace di trovare altre soluzioni: esistono altre strategie di sicurezza che devono essere messe in atto per il bene dei cittadini. È più semplice ed è un modo di semplificare evidenziare e amplificare comportamenti devianti, bullismo aggravato (fenomeni da prevenire perché suscitano paura/aggressività) piuttosto che occuparsi della costante diffusione delle infiltrazioni delle varie mafie e della ‘ndrangheta. Le organizzazioni criminali sono meno evidenti, passano più inosservate, sono date per scontate, l’importante è che non causino morti, se ci sono estorsioni, ricatti, riciclaggio non è un grosso problema, fa parte del gioco speculativo criminale, è solo una questione economica: il primo comandamento è non dare fastidio. C’è la DIA. Le tonnellate di droga sequestrate e le acque dei fiumi della città con tracce di sostanze psicotrope sono piccole cose. I quintali di farmaci, cocaina e altro sono consumati solo da pochi tossici che disturbano, e se sono anche di colore, peggio ancora. È colpa loro. Eppure si sa che l’uso di sostanze è diffuso e coinvolge tutti gli strati sociali, dai ceti bassi a quelli alti, giovani, adulti e anziani. Se rispettano il primo comandamento di non creare disagio (normalizzazione), allora sono “liberi” di fare uso di sostanze: è una questione che riguarda solo la loro sfera privata e la loro salute. La caduta di un autobus e il crollo di un ponte evidenziano la fragilità del sistema del paese nel suo complesso. Chi governa il paese, la regione, la provincia, la città, il piccolo comune non può sfuggire alle proprie responsabilità: la colpa è sempre di qualcun altro. Il malevolo è in agguato.

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