Il giudice Cuno Tarfusser ha rilasciato un’intervista al Tg1 ieri sera, dichiarando di non aver dormito tranquillo finché non ha richiesto la revisione del processo. Questa intervista è uno scoop, considerando la riservatezza dell’ex giudice dell’Aja. Tarfusser è attualmente sotto procedimento disciplinare al Csm per aver disobbedito al regolamento organizzativo stabilito dal suo capo Francesca Nanni.

Oltre ai dubbi sulla strage di Erba avvenuta 17 anni fa e al solito dibattito tra colpevolisti e innocentisti, confortati da inchieste televisive e podcast, il mondo giornalistico ha sorprendentemente attaccato il sostituto Pg. Persino la Procura di Como si è lamentata di un’ingerenza che, in teoria, sarebbe legittima.

Nell’intervista, Tarfusser afferma di voler evitare le solite etichette e di analizzare le tre prove che hanno incastrato Olindo Romano e Rosa Bazzi: confessioni, riconoscimento e macchia di sangue. Il giudice sostiene che colpevolisti e innocentisti ragionano con il cuore, senza studiare gli atti come ha fatto lui. La richiesta di revisione del processo è stata fatta per poter essere sereno con se stesso, con il suo dovere e con la sua deontologia.

Sul conflitto tra Tarfusser e Nanni, né l’Anm, né il ministero, né il Csm hanno ritenuto necessario intervenire a tutela di nessuno. Tuttavia, questa disputa riguarda il cuore del problema: l’autonomia del singolo magistrato, un valore apparentemente caro a coloro che sostengono la giudice Iolanda Apostolico. È spiacevole notare che il riflesso corporativo delle toghe si attiva solo di fronte a magistrati “amici” o che commettono errori sui social o nelle piazze, e non di fronte a un giudice dallo standing indiscutibile che ha scelto di seguire la legge e la coscienza, senza nascondersi dietro cavilli.

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