La lotta di una madre per la verità: il caso di Giorgio Medaglia

Giorgio Medaglia aveva solo 34 anni quando è stato trovato misteriosamente morto nell’Adda nel luglio del 2020, cinque giorni dopo la sua scomparsa. Da allora, sua madre Ombretta Meriggi combatte per ottenere giustizia. Non si arrende, continua a lottare finché non otterrà una verità provata.

Il gip di Lodi, Francesco Salerno, ha definitivamente archiviato le indagini, respingendo l’opposizione presentata da Lorenza Cauzzi, avvocato di Ombretta Meriggi. Tutte le incongruenze sollevate dalla donna rimangono quindi avvolte nel mistero: il cadavere di Giorgio ritrovato nell’Adda indossava pantaloni rossi non suoi e di una taglia sbagliata, aveva una quantità elevata di alcol nel corpo nonostante fosse astemio da sempre, e il suo motorino è stato trovato a un chilometro di distanza dal punto in cui, secondo l’ipotesi degli inquirenti, si sarebbe gettato nel fiume.

Inoltre, sul motorino è stato trovato un casco che non apparteneva a Giorgio e che non è mai stato analizzato. La sera della scomparsa, Giorgio aveva chiamato più volte un numero di telefono appartenente a una persona che ha resettato l’apparecchio e poi lo ha regalato a sua madre. Nessuna indagine è stata mai condotta su quel cellulare.

Ombretta Meriggi si sfoga: “Il verdetto parla da solo e conferma che non è stato indagato nulla. Rilevo una mancanza di professionalità in cose elementari. Ora ipotizziamo di portare il caso a Milano, si è capito che a Lodi non se ne vogliono occupare. Non hanno analizzato il casco, né le immagini delle telecamere, il telefono resettato non è stato analizzato.”

Una delle principali motivazioni per l’archiviazione del caso è stata che è troppo tardi per visionare le registrazioni delle telecamere, ma questo è un’ammissione di mancanza di azione, non un motivo per chiudere le indagini. Ad esempio, i cani molecolari utilizzati nel punto in cui è stato trovato il motorino non si sono mai mossi, annusando sempre lì, senza mai percepire la presenza di Giorgio in altri luoghi. Questo significa che mio figlio non si era mai spostato da solo da lì. Per me, la giustizia è deludente in questo modo. Comunque, ho fiducia nel mio avvocato, non mi fermerò.

Ombretta Meriggi non si arrende e continuerà a lottare per ottenere giustizia per suo figlio Giorgio. Le vite delle persone non possono essere trattate come pezzi di carta da stracciare e buttare.

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