Un uomo di cinquant’anni è stato arrestato ieri dalla Polizia di Stato in provincia di Gorizia per aver perseguitato la sua famiglia a Busto Arsizio per anni. La causa scatenante di questa persecuzione è stata il fallimento dell’azienda di famiglia in Friuli-Venezia Giulia e la richiesta di risarcimento avanzata da uno dei fratelli nei confronti di un altro. Questa richiesta è stata respinta e ha generato una disputa legale che nel 2015 ha portato a uno scontro fisico tra i tre fratelli, con l’arresto per rissa, minacce e resistenza a un pubblico ufficiale. Successivamente, il cinquantenne è stato vietato dal Gip di Gorizia di avvicinarsi agli altri due fratelli. Uno di questi, per evitare le attenzioni dell’aggressore, si è trasferito a Busto Arsizio con la sua famiglia, cercando invano di tenere segreto il loro nuovo indirizzo.

Dopo la scadenza della misura cautelare, la persecuzione è ripresa con ancora più vigore. L’uomo ha minacciato, molestato e commesso atti vandalici nei confronti del fratello domiciliato a Busto, della sua moglie e dei loro bambini, dei genitori, del fratello e della suocera in Sicilia e del cognato nel milanese. Tutti sono stati considerati “colpevoli” di aver cercato di mediare tra i due fratelli.

La persecuzione si è manifestata con pedinamenti sotto casa, biglietti lasciati nella cassetta delle lettere, lettere diffamatorie inviate ai vicini di casa e al datore di lavoro della vittima, in cui veniva definito “mafioso, estorsore e pedofilo”. Sono stati inviati video e messaggi minatori che minacciavano di uccidere e “fare a pezzi” i parenti in varie regioni. Sono stati commessi atti vandalici sulle auto della vittima, che è stata persino seguita durante un viaggio all’estero. Sono stati pubblicati video sul profilo dell’aggressore che lo mostravano sulle tombe di Totò Riina e Bernardo Provenzano, invocando l’intervento dei noti mafiosi contro i parenti.

Tutto ciò ha naturalmente avuto forti ripercussioni psicologiche sulle vittime designate e ha portato la Procura della Repubblica a chiedere al Gip l’adozione della custodia cautelare in carcere. Questa misura è stata emessa ed eseguita con la collaborazione della Squadra Mobile della Questura di Gorizia, che ieri ha arrestato l’indagato nel suo domicilio e lo ha condotto in carcere.

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