Momenti di tensione si sono vissuti giovedì mattina nella strada comunale dei boschi a Desio. Nella frazione San Carlo, situata all’estrema periferia tra Desio, Seregno e Cesano Maderno, Pedemontana ha iniziato gli espropri. Saranno 21mila i proprietari che subiranno l’esproprio delle loro proprietà private: case, imprese, magazzini, campi coltivati, aziende agricole. Questo progetto avrà un impatto significativo sulla mobilità in Brianza, ma lascerà anche ferite profonde sul territorio. I primi cinquanta espropri sono stati consegnati giovedì mattina dai funzionari incaricati da Pedemontana. Tra gli espropri più dolorosi, c’è lo storico Quagliodromo e l’Azienda florovivaistica di Felice Mariani, un imprenditore molto apprezzato a Desio.

Mariani ha atteso l’arrivo dell’esproprio accompagnato dal suo avvocato e dai suoi due figli, Francesco e Federico Mariani, che lavorano nell’azienda insieme al padre. Mariani afferma che Pedemontana distruggerà la sua impresa, costruita con una vita intera di lavoro e sacrifici. La sua tenuta di 6200 metri quadrati ospita 173 specie diverse, tra cui abeti e un boschetto di palme. Gli è stato proposto un risarcimento di circa 9 euro lordi al metro quadrato, ma lui si chiede se il lavoro di una vita possa essere liquidato con poco più di 50mila euro.

A difendere gli espropriati c’era anche Dario Balotta, presidente dell’Osservatorio trasporti e storico ambientalista. Balotta afferma che Pedemontana si presenta in ritardo di 14 anni, dal momento in cui nel 2009 il Cipe ha approvato il progetto definitivo dell’autostrada Pedemontana Lombarda. Da allora, 21mila cittadini proprietari di terreni, case e fabbriche sono stati avvisati che le loro proprietà sarebbero state espropriate per lasciare spazio alla costruzione dell’autostrada che avrebbe collegato il varesotto con la bergamasca per 67 chilometri.

Nonostante ciò, solo il 30% della strada è stato realizzato, mentre il restante 70% rischia di non essere mai completato. Gli espropriati si trovano in una situazione difficile, senza poter vendere né ristrutturare le loro proprietà. Sono diventati dei veri e propri prigionieri nelle loro case. La situazione è molto delicata e richiede una soluzione equa per tutte le parti coinvolte.

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