Monguzzo, sette persone accusate di un regolamento di conti legato alla droga saranno giudicate
Il 18 dicembre di due anni fa, Mohamed Himi, un marocchino di 43 anni senza fissa dimora, è stato vittima di un agguato. Sette persone lo hanno raggiunto di notte nel casolare che presidiava, nei boschi di Monguzzo, e lo hanno brutalmente picchiato. Uno di loro gli ha sparato alla gamba con un’arma da fuoco e poi lo ha colpito ripetutamente alla testa con la pistola. Successivamente, tutti e sette hanno continuato a picchiarlo con mazze e spranghe di legno.
Gli aggressori gli hanno rubato il portafogli, il passaporto marocchino e il telefono cellulare, costringendolo con violenza a rivelare dove si trovavano altri tre telefoni utilizzati per lo spaccio di droga. Quella notte, Himi è stato portato in ospedale con ferite d’arma da fuoco alla coscia destra, lesioni e contusioni in tutto il corpo, una ferita aperta al torace e un’altra all’altezza dell’anca. La prognosi era di 45 giorni.
Le indagini dei carabinieri di Cantù, coordinate dal sostituto procuratore Giuseppe Rose, sono riuscite a identificare i sette aggressori, anche grazie ai tabulati telefonici. Sulla base di una serie di prove, si è ipotizzato che l’aggressione fosse avvenuta a causa dello spaccio di droga. I sette sono stati rinviati a giudizio con le accuse di lesioni pluriaggravate e rapina in concorso. Tutti sono connazionali della vittima, detenuti per altre vicende, senza fissa dimora o irreperibili: Abdelhaq El Hilali, 33 anni, Abdellah Bahroui, 32 anni, Mustapha El Omari, 30 anni, Youssef Madly, 22 anni (unico con cittadinanza italiana, residente a Milano), Hamza Ben Chaoue, 22 anni, Nabil Samad, 29 anni e Aziz El Omary, 40 anni. El Hilali e El Omary sono anche accusati di porto di arma in luogo pubblico, quest’ultimo ritenuto l’autore degli spari alla gamba e dei colpi alla testa con il calcio dell’arma.
Durante l’udienza preliminare, nessuno di loro ha scelto di sottoporsi a riti alternativi e quindi saranno giudicati nel corso dell’anno prossimo. Quella sera, i carabinieri sono intervenuti in piena notte, chiamati da qualcuno che aveva sentito gli spari provenire dalla zona dell’aggressione. Nel frattempo, la vittima è stata sentita in un incidente probatorio, poiché era molto probabile che potesse sparire e non potesse testimoniare al processo.