In carcere altri due fratelli Aloisio. Si sono costituiti due dei 15 destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare eseguita dalla guardia di Finanza di Varese e di Milano nell’ambito dell’inchiesta della Dda milanese che ha ipotizzato, tra l’altro, presunte infiltrazioni delle cosche nei lavori sulla rete ferroviaria.

I due fratelli, Maurizio e Francesco Aloisio, amministratori di alcune società, sono finiti in cella assieme ad altre 9 persone, tra cui Alfonso e Antonio Aloisio, altri due loro fratelli. Per altri 4 indagati sono stati disposti i domiciliari. Le accuse a vario titolo sono associazione a delinquere finalizzata alle fatture false, bancarotta e somministrazione illecita di manodopera e per alcuni anche l’aggravante di aver così agevolato l’attività della criminalità organizzata.

Secondo quanto emerso dagli atti, Rfi, che è parte offesa, avrebbe commissionato lavori di manutenzione a grandi aziende, come Gcf del Gruppo Rossi e la Francesco Ventura Costruzioni Ferroviarie. Queste aziende avrebbero a loro volta fatto ricorso ad altre società riconducibili alle famiglie Aloisio e Giardina, che secondo la procura, sarebbero legate alle cosche Nicoscia-Arena di Isola di Capo Rizzuto.

Così gli operai delle aziende “di comodo” in odor di ‘ndrangheta, attive tra il Varesotto e Crotone, venivano messi a lavorare nei cantieri ferroviari in varie regioni per “le grandi società”. Un meccanismo che sfruttava gli “strumenti giuridici astrattamente leciti che, secondo la prospettazione degli inquirenti – ha scritto il gip nel suo provvedimento – vengono utilizzati per aggirare i divieti in materia di subappalto, per pagare meno imposte, per garantire alle imprese coinvolte il procacciamento di fondi extracontabili”. Fondi neri usati anche per foraggiare le famiglie di ‘ndranghetisti arrestati.

Ieri davanti al giudice sono cominciati gli interrogatori di garanzia che dovrebbero concludersi domani. Tra questi quelli di Antonio e Alfonso Aloisio – il primo ha risposto alle domande e il secondo si è avvalso della facoltà di non rispondere – i fratelli dei due che si sono costituiti ieri.

Gli indagati dalla Dda milanese sono in tutto 36, tra cui Maria Antonietta Ventura, presidente del cda del Gruppo Ventura, e che era stata candidata da centrosinistra e Cinque stelle alla presidenza della Calabria e la scorsa estate si era poi ritirata dalla corsa. Nei suoi confronti il pm Bruna Albertini aveva chiesto i domiciliari, mentre nei confronti di Alessandro e Edoardo Rossi, ai vertici dell’omonimo gruppo che lavora pure in Svizzera e nel Nord Europa, aveva chiesto il carcere.

Poiché il giudice delle indagini preliminari ha rigettato queste e altre 17 richieste di arresto in quanto ha condiviso “solo in parte” l’impostazione ipotizzata dalla Procura, ora il pubblico ministero dovrebbe fare appello davanti al tribunale del riesame.

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