Uccise la madre, chiesti 28 anni: “Il movente nel disagio familiare”
Rosa Fabbiano è stata accusata di aver ucciso sua madre, ma il motivo dietro questo gesto va ricercato nella sua condizione di estremo disagio emotivo e familiare. Rosa si è trovata ad affrontare da sola l’assistenza all’anziana madre affetta da demenza senile, la quale manifestava un comportamento sempre più aggressivo e incontrollabile. La situazione era diventata più grande di ciò che Rosa poteva gestire, senza le risorse necessarie. Nonostante non agisse come un “killer freddo e calcolatore”, dopo aver commesso il delitto ha cercato di nascondere le sue responsabilità costruendo un castello di bugie. Ha agito sempre da sola, senza l’aiuto di altre persone o del marito, che è anche invalido, anche quando ha fatto a pezzi il cadavere dell’ottantacinquenne Lucia Cipriano. La pm Elisa Calandrucci ha richiesto alla Corte d’Assise di condannare Rosa Fabbiano a 28 anni di carcere.
Secondo le ricostruzioni, la donna di 59 anni avrebbe ucciso sua madre strangolandola o soffocandola, forse per farla smettere di urlare, nell’appartamento di Melzo dove vivevano. Successivamente, ha smembrato il cadavere e lo ha nascosto nella vasca da bagno, coprendolo con teli in plastica. Il macabro ritrovamento è avvenuto il 26 maggio 2022, quando i carabinieri sono intervenuti. Prima di chiudersi nel silenzio, Rosa ha pronunciato una frase inquietante: “Ho combinato un disastro”. Secondo la Procura, Lucia Cipriano è stata uccisa il 31 marzo dell’anno scorso, quando una vicina di casa ha sentito un rumore sordo seguito da due urla provenire dall’appartamento.
Dal 2 aprile, Rosa ha iniziato a raccontare bugie, scrivendo alla vicina di casa di aver portato sua madre a casa sua, a Mediglia, per poterla gestire meglio. Nel frattempo, ha maturato l’idea di tagliare il cadavere in più pezzi, probabilmente quando il processo di decomposizione era già iniziato. Tutto è venuto alla luce quando una delle sorelle, che vive a Trento, ha iniziato a sospettare qualcosa perché non riusciva più a contattare la madre e si è recata a Melzo. La pm ha richiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche, sebbene non prevalenti sulle aggravanti, e ha quantificato la pena a 28 anni di carcere. Inoltre, ha chiesto il permesso di procedere con l’inumazione dei resti di Lucia, che sono stati analizzati dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo durante le indagini, perché “è arrivato il momento di dare adeguate esequie” alla donna.