In piazza per il ventunenne senegalese cresciuto a Fiorano al Serio, che da via Gleno era stato trasferito a Opera per una condanna per furto. A Milano fascicolo per istigazione al suicidio

«Chiediamo di sapere cosa è successo. E giustizia, nient’altro». Cheickh Dia è il papà di Oumar, morto all’età di 21 anni all’ospedale di Rozzano il 26 ottobre. Oumar Dia, di origini senegalesi ma cittadino italiano, vi era stato portato dal carcere di Opera, a Milano, nel quale era stato trasferito una ventina di giorni prima dal carcere di Bergamo, dove era detenuto da giugno per scontare una condanna per il furto di uno smartphone a Milano nel 2020. «La vicenda processuale del ragazzo devo approfondirla, era assistito da un collega», premette l’avvocato Simone Bergamini, che in questa fase assiste la famiglia del giovane. «Non sappiamo la ragione del suo trasferimento — continua il padre —. Quando ci hanno chiamato mio figlio era già in ospedale, attaccato alle macchine. È entrato il venerdì ed è morto il giovedì dopo». Sulla morte di Oumar Dia sta indagando la Procura di Milano: «È stato aperto un fascicolo a carico di ignoti per istigazione al suicidio — spiega l’avvocato —. Venerdì è stata effettuata l’autopsia, la famiglia ha nominato un medico legale di parte. Siamo in attesa dei risultati». Al fianco del genitore ci sono amici del ragazzo, cresciuto a Fiorano al Serio: sabato pomeriggio 11 novembre, sotto Palazzo Frizzoni, erano in 300 a chiedere che venga fatta luce su quanto avvenuto. «La giustizia non deve avere due velocità — dice al microfono Cheickh —. Non esistono italiani bianchi e italiani neri. Un cittadino è un cittadino. In questo momento provo un dolore che mi sovrasta, ma vedere tutti questi ragazzi mi dà il coraggio e la forza di andare avanti». Al presidio hanno aderito anche l’associazione Carcere e territorio e Alleanza Verdi-Sinistra. «Questo ragazzo è morto mentre era sotto custodia dello Stato, che ha la responsabilità di fare chiarezza», dice il deputato Devis Dori, che ha presentato un’interrogazione parlamentare rivolta al ministro Carlo Nordio. In piazza c’era anche il deputato Aboubakar Soumahoro: «Nessuno di noi deve sentirsi un corpo estraneo alla società, al quale vengono concessi favori e negati diritti».

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