Un operaio di 59 anni è finito a processo con l’accusa di tentata estorsione per aver chiesto al suo datore di lavoro 30.000 euro per tenere la bocca chiusa su alcuni fusti di gasolio sotterrati in azienda ad Arcisate. Tuttavia, l’esistenza di questi fusti non è ancora stata accertata e sarà l’imputato stesso a dover rispondere alle domande nella prossima udienza.

L’uomo, che è stato successivamente licenziato, deve anche rispondere dell’accusa di furto per aver sottratto altro gasolio dall’impresa e averlo dato ad altre persone estranee all’azienda. Non è chiaro se li abbia venduti o fatto altro con essi. Durante l’udienza è emerso che il datore di lavoro si era insospettito per i consumi extra di gasolio, che ammontavano a circa 2.000 euro al mese, e che sono stati collegati alle presunte sottrazioni dei fusti, documentate dalle telecamere presenti in azienda.

Inoltre, l’uomo a processo aveva avuto più volte dei conflitti con i suoi superiori all’interno dell’azienda. La moglie del titolare ha testimoniato in udienza, raccontando che dopo il lockdown l’imputato si era lamentato perché la sua busta paga non era in linea con le precedenti. Tuttavia, a causa della situazione legata al Covid, erano stati adottati la cassa integrazione e dei fermi lavorativi. L’uomo pretendeva più soldi e, dopo aver urlato contro la moglie del titolare, aveva persino cercato di alzare le mani. Fortunatamente, la donna è riuscita a bloccarlo e ha successivamente presentato denuncia.

In conclusione, l’operaio è ora a processo per tentata estorsione e furto di gasolio. Sarà interessante vedere come si svilupperanno le prossime udienze e se verrà accertata l’esistenza dei fusti di gasolio sotterrati in azienda.

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