Molti anni prima dell’era dei supermercati e dei centri commerciali, c’erano i venditori ambulanti che giravano per le strade delle città per offrire i loro servizi e/o i loro prodotti. Non mancava loro né l’immaginazione, né la creatività, né l’arguzia nel presentarsi al pubblico, soprattutto femminile. Spesso i loro richiami giocavano sull’ambiguità, divertendosi a renderli allusivi ma una volta interpretati e conosciuti, si capiva bene di cosa si trattava.
Sono riuscito a trovare alcuni di questi termini gergali e con questo articolo voglio proporveli. C’erano quelli che proponevano l’acquisto di pere e mele cotte, poiché efficaci nel regolare le funzioni intestinali, e al pubblico si presentavano con questo grido: “Eccolo il vero medico!”, e sicuramente dovevano avere una parlantina sciolta e convincente.
Al grido di “Io l’ho bella biondaaa”, allusione a cosa? Ma alle nocciole ovviamente! Infatti si tratta proprio di questa gustosa frutta secca.
Sempre nel campo della frutta secca, si poteva incontrare un venditore di mandorle tenere, che si possono mangiare con il guscio poiché non ancora seccate, anche se hanno un gusto piuttosto amarognolo. Il grido di richiamo era questo: “Ecco a voi la caterina col peloooo”. Probabilmente chi sentiva questa voce per la prima volta si lasciava vincere dalla curiosità, avvicinandosi per vedere di cosa si trattava.
I marroni, che sono una varietà di castagne, venivano proposti anche appassiti, e chi li vendeva si presentava con queste parole: “Mariannina, son moscioni!”. Il termine moscione deriva dalla parola moscio, ossia appassito. Sinceramente non ho mai assaggiato un marrone appassito; ho invece gustato un marron glacé, ossia candito, e con vero piacere!
Avete mai assaggiato un panino col ramerino? Termine per la verità toscano, perché in milanese si dice rosmarin o usmarin, a questo punto si capisce che si sta parlando del rosmarino, e di un venditore di pane e rosmarino che si presentava con queste parole: “Son bollenti, son coll’olio”, quindi pronti da gustare.
La Menta, o meglio, le caramelle alla menta, ottime per rinfrescare l’alito e che, essendo dure, si devono succhiare per assaporarne il gusto. C’era anche chi vendeva queste caramelle richiamando l’attenzione con queste parole: “Ce l’ho duro…” Qui il doppio senso non può sfuggire a nessuno, salvo poi ricredersi sull’oggetto.
Di tenore non troppo dissimile, ma forse meno appetibile, è il grido del venditore di fichi appena colti che presentano ancora la goccia bianca al peduncolo, e che facendo gioco su questo gridava ai possibili acquirenti: “Ce l’ho colla gocciolaaa”.
Forse qualcuno si ricorda ancora dello “strascèe” o “cenciaiolo” che passava nelle corti per ritirare cenci, stracci, metallo e roba vecchia che le massaie non volevano più in casa, dando in cambio uno o due pani di sapone da bucato. Il suo grido, piuttosto acuto e preceduto da un suono di trombetta era: “Strascèeeee, stracciaio”, da noi a Milano, altrimenti si poteva sentire anche questa chiamata: “Chi ha cenci, roba vecchia, metalli da vendereee”. Tra i cenciaioli si poteva trovare anche qualcuno a cui la poesia non dispiaceva, ed ecco che allora si presentava così, riscuotendo anche della simpatia.
Il Chincagliere era colui che vendeva oggetti di chincaglieria, ossia oggetti minuti e di poco valore, che si presentava, soprattutto alle signore, con queste parole: “Orecchini, perle e vezzi: vasta scelta a bassi prezzi”.
Anche i Merciai avevano il loro modo di presentarsi per attirare l’attenzione del pubblico, soprattutto ovviamente le donne, perché gli uomini in queste attività erano, e probabilmente lo sono ancora, piuttosto assenti e, diciamolo, imbranati. Comunque ecco il loro richiamo:
Elastico e cotoni,
aghi spilli e bottoni:
compro, baratto e vendo!
Termino questa carrellata, non certo completa, sui gerghi usati dai venditori ambulanti di un tempo che fu, di cui ricordo bene lo stracciaio quando si presentava nel cortile dove abitavo con i miei genitori.
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