Cari uomini, è giunto il momento di interrogarsi, di fare qualcosa, magari di muoversi. Anche di ribellarsi a noi stessi. Nella giornata in cui è stato trovato il corpo massacrato di Giulia Cecchettin, è emersa la notizia dello stupro subito da una donna in un ristorante nel centro di Milano. Si è anche appreso che due ragazze di 14 anni sono state drogate e violentate a Novara, e così via. In Italia quest’anno sono state uccise cento donne, più della metà delle quali per mano di mariti, ex mariti, partner, ex partner, fidanzati, ex fidanzati. L’ex uccide perché il suo desiderio non viene soddisfatto. La rassegna stampa quotidiana è una lista infinita di stupri, violenze maschili, femminicidi. Non succede solo in Italia, ovviamente. Non che questo debba consolarci, anzi. Il mal comune non è affatto mezzo gaudio, è solo un mal comune.
Certamente, per noi il culmine è arrivato ieri. Se le cose sono andate come sembra, la vicenda di Giulia e di Filippo aggiunge angoscia e motivi di riflessione seria e profonda anche, ma non solo, sull’educazione familiare. Perché ciò che impressiona ancora di più rispetto ad altri casi è la giovane età dell’assassino, che i genitori descrivono come un ragazzo mite, normale, positivo, che non ha mai fatto del male a nessuno…: Filippo ha sempre continuato ad amare Giulia. Il fatto è che siamo ingenui se, collegando la sopraffazione all’eredità della cultura patriarcale, diamo per scontato che comunque la modernità abbia migliorato, insieme al benessere, anche le relazioni tra i sessi. Tanto è vero che mentre il numero dei delitti in generale sta diminuendo, quello dei femminicidi sta aumentando.
Erroneamente, la nostra immaginazione tende a inquadrare l’abuso sessuale nel contesto adulto, ma scopriamo sempre di più che quell’eredità arcaica è ben viva e resistente oltre ogni immaginazione. Proprio ieri il convegno milanese dell’associazione Senza veli sulla lingua ci ha informato che il maltrattamento delle donne interessa sempre di più i minorenni: l’età si sta abbassando anche perché cresce la violenza digitale. Ci ritroviamo quindi increduli di fronte a un ventenne che sprigiona la sua rabbia contro una coetanea colpevole di averlo lasciato e magari, in aggiunta (ulteriore affronto), di volersi laureare prima di lui. Non sono uomini di altri tempi, ma uomini di questi tempi.
E poi. Inutile chiedersi come sia stato possibile non cogliere, in famiglia, nella comunicazione quotidiana di una famiglia normale, i segnali di tanta aggressività: tutti e sempre di più scopriamo quanto sia indecifrabile la persona vicina (soprattutto i figli, ahimè). Ma, a prescindere dall’ultimo caso, bisognerebbe interrogarsi profondamente su come stiamo crescendo i nostri figli (soprattutto i maschi), con quali parole, modelli e valori. E perché la violenza tra i sessi è sempre, fino alla Generazione Zeta, a senso unico (maschi sulle femmine)? Cominciando a sgombrare il campo dal tormentone del raptus, una sorta di riflesso condizionato mentale che ci fa catalogare certe forme di brutalità in categorie tutto sommato rassicuranti. La confutazione si riassume in una semplice domanda: perché allora questi presunti raptus accadrebbero solo ai maschi? E le femmine non hanno anche loro il diritto di impazzire? (E ciò non significa auspicare che le donne prima o poi si vendichino con gli uomini e gli ex con la stessa moneta).
Ma infine, senza colpevolizzare solo l’istituzione familiare o quella scolastica, è una gigantesca questione che riguarda la società, anzi la cultura di una società. Prima di tutto, la cultura dei maschi. I quali non dovrebbero aspettare di essere chiamati a coorte dalle donne-vittime per solidarizzare, ma dovrebbero uscire spontaneamente dalla vergogna della zona grigia, muoversi – e in fretta – per iniziativa propria verso la piazza pubblica. Uscire (temporaneamente) dalla solidarietà ed entrare nella lotta. È proprio arrivato il momento di una grande mobilitazione per l’orgoglio maschile: non in difesa (tardiva) delle donne stuprate, ma contro la violenza dei maschi, contro i maschi violenti.
18 novembre 2023, 21:35 – modifica il 18 novembre 2023 | 21:35
© RIPRODUZIONE RISERVATA