La battaglia del San Martino, combattuta tra il 15 e il 18 novembre 1943 sulle Prealpi varesine, rappresenta una delle prime vere battaglie della Resistenza all’occupazione nazifascista. Questo scontro armato, guidato dal colonnello Carlo Croce, non solo ha avuto un grande valore morale, ma è stata anche una vera e propria azione militare.

Il “Gruppo Militare Cinque Giornate Monte di San Martino”, formato da circa 170 uomini, si stabilì sul massiccio montuoso sopra la Valcuvia dopo l’armistizio dell’8 settembre. L’obiettivo di Croce e dei suoi uomini era quello di combattere i tedeschi fino alla loro cacciata dall’Italia, rimanendo fedeli al giuramento e al legittimo governo italiano.

Il nome della formazione richiamava lo spirito risorgimentale e il motto “Non si è posto fango sul nostro volto” evidenziava l’intenzione di cercare un riscatto morale per l’Italia dopo il disastro dell’8 settembre. Nel gruppo si unirono anche diversi giovani antifascisti da Milano e dalle zone circostanti, molti dei quali di estrazione operaia e desiderosi di combattere. Arrivarono anche cinque vigili del fuoco da Milano, oltre a un ufficiale americano e uno francese.

Durante la battaglia, i partigiani effettuarono diverse incursioni logistiche nei dintorni, recuperando materiale nelle caserme di Luino e Laveno Mombello. Presero anche contatti con la popolazione locale e ottennero il sostegno dei preti della zona, in particolare di don Antonio Gatto di Duno.

Gli scontri con le truppe tedesche furono violenti e durarono tre giorni. Già dal primo giorno, i tedeschi impiegarono anche l’aviazione per bombardare il massiccio montuoso dove i partigiani erano ben trincerati. Alla fine della battaglia, i patrioti ebbero 38 morti, mentre i tedeschi e i fascisti subirono una decina di vittime. Alcuni partigiani riuscirono a fuggire e a riparare in Svizzera, ma molti furono deportati e alcuni morirono. Centinaia di abitanti dei paesi delle valli furono arrestati provvisoriamente.

Nonostante le pesanti perdite, gran parte della formazione riuscì a sganciarsi e a riprendere la lotta. Tuttavia, il colonnello Croce fu catturato e torturato a morte nel luglio 1944. Dopo questa battaglia, la zona dell’Alto Varesotto divenne meno fertile per la Resistenza, ma nuovi reparti furono impiantati nella zona prima della Liberazione.

La battaglia del San Martino è stata a lungo considerata una sconfitta totale, ma molti partigiani sono riusciti a fuggire e a continuare la lotta. Questo episodio ha avuto un grande impatto sulla popolazione civile e ha contribuito alla formazione di nuovi reparti partigiani che hanno poi liberato l’Alto Varesotto e dato manforte alla Brigata Garibaldi “Walter Marcobi” a Varese. La chiesetta sulla cima del monte, distrutta dai tedeschi, è stata poi ricostruita e rappresenta oggi un simbolo di quella prima battaglia eroica.

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