La sentenza per cinque esponenti antifascisti a processo a Pavia verrà emessa il 15 dicembre. Questo riguarda i disordini avvenuti in città il 5 novembre 2016. Inizialmente, la decisione era prevista per ieri, ma è stata rinviata. La Procura ha chiesto il riconoscimento della prescrizione per tutti i coinvolti in relazione al capo d’imputazione che riguarda la manifestazione non autorizzata, ovvero la violazione dell’articolo 18 del regolamento Tulps (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza).
Per quanto riguarda il capo d’imputazione relativo all’oltraggio a pubblico ufficiale, contestato solo a tre degli imputati, è stata invece chiesta l’assoluzione a causa della lieve entità del fatto, che riguarda alcune parolacce rivolte alle forze dell’ordine intervenute. La difesa degli imputati ha invece chiesto l’assoluzione in quanto reazione legittima a un atto arbitrario dei pubblici ufficiali.
I fatti contestati ai cinque imputati si inseriscono nel contesto della “contromanifestazione”, ovvero un sit-in di protesta organizzato dagli antifascisti nella stessa serata in cui si è svolta la manifestazione autorizzata da un’associazione legata all’estrema destra in memoria di Emanuele Zilli, esponente del Movimento sociale italiano morto nel 1973. La situazione è degenerata in uno scontro con le forze dell’ordine, con anche cariche contro i manifestanti. Successivamente, è iniziato il processo, con l’iscrizione di trenta persone nel registro degli indagati. Di questi, ventitré sono stati prosciolti, mentre sette sono stati condannati con decreto penale. Cinque imputati sono rimasti a processo perché per altri due coimputati è stata stralciata la posizione a causa di un difetto di notifica e poi è caduta in prescrizione.
Dai fatti del 5 novembre 2016 è emerso un secondo filone processuale, che riguardava undici manifestanti legati all’estrema destra. Erano stati accusati di apologia del fascismo, reato introdotto dalla legge Scelba nel 1952, e in particolare di aver fatto il saluto fascista durante il corteo a Pavia, impropriamente conosciuto come saluto romano, con il braccio destro teso. Tutti sono stati assolti nel settembre 2022 dal tribunale di Pavia perché “il fatto non sussiste”.