Sanità in crisi: cittadini abbandonati senza servizi essenziali
La situazione della sanità sul territorio è drammatica: i cittadini sono abbandonati a sé stessi, senza servizi essenziali. L’assessore della Regione Lombardia, Guido Bertolaso, attacca i medici di famiglia senza vergognarsi di come versa la medicina sul territorio. I tagli dei nastri per le elezioni per le case di comunità si sono rivelati inutili, le strutture sono vuote e i medici di base introvabili.
Alcuni medici hanno risposto a Bertolaso dichiarando di aspettare un cenno di interesse da parte sua e invitandolo a recarsi nelle zone di montagna per rendersi conto dello stato di abbandono in cui versiamo. La montagna non è quella che viene mostrata in televisione, è molto di più, ed è completamente abbandonata, senza servizi essenziali.
Un esempio è il comune di San Giacomo, dove i cittadini devono recarsi fino ad Aprica per trovare un medico di base. Altri stanno aspettando da un mese una risposta dall’ATS per evitare di dover percorrere chilometri e chilometri per una visita medica. E gli anziani? Chi pensa a loro? Sentiamo solo narrazioni retoriche e nulla di più. Dieci anni fa avevamo una medicina di gruppo di tutto rispetto, con ambulatori in ogni frazione. Oggi è rimasto solo un residuo a Vagella, il Comune ha lasciato che tutto venisse portato via. La guardia medica è presente solo a Tirano e l’esperienza vissuta è stata traumatica. Nessuno viene a casa, la risposta è “venga che la visito”. Ma dovevo chiamare un’ambulanza per farmi visitare a Tirano? Questa è la famosa continuità assistenziale?
Non mi è rimasto che chiamare il 112 e recarmi al pronto soccorso, nonostante volessi evitarlo. L’organizzazione provinciale lo impone, sperando poi di avere fortuna, perché anche lì trovi solo gettonisti.
Arrivata al pronto soccorso, dopo alcuni esami vengo ricoverata e mi sento dire come mai ho aspettato tanto. Il ricovero avviene in un reparto datato degli anni ’60, con letti a manovella e servizi inesistenti. Mi sento come in una piazza e non in un ospedale.
Nel pomeriggio mia figlia arriva e, vedendo la situazione, si attiva per trovare una soluzione. Sono orgogliosa di avere una figlia che si indigna ancora di fronte a tante rassegnazioni. Quando la dottoressa mi fa visita, le chiedo quanto dovrò rimanere, perché quella condizione non è compatibile per i malati. La dottoressa mi risponde che quella è la situazione e dovrò rimanere lì ancora qualche giorno.
Nel frattempo, mia figlia si attiva con gli uffici preposti e riceve tre risposte diverse. Chiede con forza un’altra soluzione, diversamente dal trasferimento in un’altra struttura che abbia i minimi requisiti previsti dalla legge. Gli uffici sembrano vivere nel mondo delle nuvole.
Nel pomeriggio finalmente mi spostano in un’altra camera, dove almeno metà del reparto è decente, con letti normali e servizio in camera. È il minimo indispensabile che dovrebbe essere garantito.
Come è possibile che a Sondrio si sia arrivati a questo punto? Chi dobbiamo ringraziare se non chi amministra questa regione da trent’anni? In una situazione così demoralizzante, gli operatori e i medici fanno l’impossibile per i malati, ma la situazione strutturale non è accettabile in una provincia dove tutto è stato smantellato. Chi può se ne va altrove, ma cosa succederà a chi non può permetterselo? I nostri genitori si rivoltano nella tomba dopo tutti i sacrifici fatti. I sindaci come possono accettare che i loro cittadini vengano trattati così? Molti si prestano, colpevolmente, a tagliare nastri per la campagna elettorale, mentre dovrebbero essere i primi responsabili della salute dei loro cittadini.
I nostri soldi, di chi paga le tasse, vengono sempre dirottati per il turismo, ma che speranza può avere una valle senza sanità? Sondalo è stato smantellato, Sondrio non è adeguato e la sanità sul territorio è inesistente.
I cittadini devono svegliarsi prima che sia troppo tardi e rivendicare il diritto alla salute per tutti, non solo per chi ha i soldi.