Sanità in crisi, servizi essenziali negati. I fondi destinati agli amici degli amici e alle Olimpiadi…
Bertolaso attacca i medici di famiglia e non si vergogna della situazione in cui versa la medicina sul territorio, completamente assente, cittadini abbandonati a sé stessi senza alcun supporto. Tutto questo dopo i festeggiamenti per le elezioni delle case di comunità, che si sono rivelate vuote, e i medici di base introvabili.
Alcuni medici hanno fatto bene a rispondere che stanno aspettando un segnale di interesse da parte dell’assessore della Regione Lombardia Guido Bertolaso, affinché si rechi nelle zone di montagna e si renda conto del deserto in cui viviamo. La montagna non è quella che Sertori porta al Pirellino, quella è solo propaganda, è molto di più. Ma quel “di più”, che è l’essenziale, è completamente abbandonato, senza servizi essenziali!
Un esempio è San Giacomo, nel comune di Teglio, dove i cittadini devono recarsi fino ad Aprica per trovare un medico di base. A chi va bene “solo” fino a Bianzone, altri stanno ancora aspettando da un mese la risposta dell’ATS per non dover percorrere chilometri per trovare un medico di base. E gli anziani? Chi si preoccupa di loro? Sentiamo solo narrazioni retoriche e nient’altro. Dieci anni fa avevamo un servizio di medicina di gruppo di tutto rispetto, con ambulatori in ogni frazione. Oggi rimane solo un residuo a Vagella, il Comune ha lasciato che tutto venisse portato via. La guardia medica è solo a Tirano e l’esperienza vissuta è stata traumatica. Nessuno viene a casa, la risposta è stata “venga che la visito”. Ma dovevo chiamare un’ambulanza per farmi visitare a Tirano? Questa è la famosa continuità assistenziale?
A questo punto non mi è rimasto che chiamare il 112 e andare al pronto soccorso, anche se avrei voluto evitarlo. La disorganizzazione provinciale lo impone, sperando poi di avere fortuna, perché anche lì trovi solo gettonisti.
Arrivo al pronto soccorso e dopo alcuni esami vengo ricoverata. Mi dicono anche perché ho aspettato tanto, cosa che mi ha ulteriormente arrabbiata.
Il ricovero avviene in medicina, durante la notte non ho capito molto perché ero sotto l’effetto di medicinali per l’abbassamento della febbre causata da un’infezione. Le cure sono state premurose. Il giorno dopo mi rendo conto di essere in un reparto degli anni ’60, con letti a manovella e servizi inesistenti. Solo bagni comuni in corridoio con sbalzi di temperatura incredibili, costretta a farmi accompagnare a causa delle condizioni. Un incubo. Nel 2014 mia madre era stata ricoverata in questo reparto, che si trovava al quarto piano, e la situazione era molto migliore. Come siamo arrivati a questo punto dopo tre spostamenti? E le risorse spese?
Nel pomeriggio mia figlia mi raggiunge e, vedendo la situazione, si attiva per trovare una soluzione. Sono orgogliosa di avere una figlia che è ancora in grado di indignarsi di fronte a tante rassegnazioni.
Quando la dottoressa mi visita, le chiedo quanto dovrò rimanere, perché quella condizione non è adatta per i malati e non garantisce una minima tranquillità per la guarigione. Anzi, il rischio di contrarre altre patologie aumenta a causa dei cambiamenti di temperatura e dei servizi comuni con pazienti in isolamento, oltre all’inquinamento acustico. È come se fossi in una piazza e non in una camera d’ospedale. La dottoressa mi risponde che quella è la situazione e che dovrò rimanere lì ancora per qualche giorno.
Nel frattempo, mia figlia si attiva con gli uffici preposti e riceve tre risposte diverse in poche ore. Chiede con forza un’altra soluzione, altrimenti il trasferimento in un’altra struttura che abbia un reparto con i requisiti minimi previsti dalla legge. Gli uffici sembrano disinteressati alla situazione. Comodo!
Nel pomeriggio finalmente mi spostano in un’altra camera, si è liberato un letto, e scopro che metà reparto è decente, con letti “normali” e servizi in camera. Il minimo indispensabile che dovrebbe essere garantito!
È possibile che a Sondrio siamo ridotti così? A chi dobbiamo ringraziare se non a coloro che amministrano questa regione da trent’anni? In una situazione così demoralizzante, gli operatori e i medici fanno l’impossibile, ma la situazione strutturale non è accettabile in una provincia dove tutto è stato smantellato. Chi può se ne va altrove, se non è un caso urgente. Ma come può tollerare una valle così ricca che i servizi primari siano ridotti a questo? Dove pensiamo di andare in queste condizioni? I nostri genitori si rivolgono nella tomba dopo tutti i sacrifici che hanno fatto. I sindaci come fanno ad accettare che i loro cittadini vengano trattati così? Molti si prestano, colpevolmente, a tagliare nastri per la campagna elettorale e non solo, mentre dovrebbero sapere che sono i primi responsabili della salute dei loro cittadini!
I nostri soldi, di coloro che pagano le tasse, vengono sempre dirottati verso il turismo, ma quale speranza può avere una valle senza una sanità adeguata? Sondalo smantellato, Sondrio non adeguato e la sanità sul territorio è nulla?
I cittadini devono svegliarsi da questa torpore prima che sia troppo tardi e rivendicare che la salute è un diritto per tutti, non solo per chi ha i soldi!
Lucia Codurelli, 22 novembre 2023