Il Tribunale di Busto Arsizio ha fatto la storia diventando il primo in Italia ad applicare le norme della “giustizia riparativa”. Questa nuova forma di giustizia si basa sulla riconciliazione tra le parti coinvolte, cercando di riparare il danno causato anziché punire. Un esempio di questa applicazione si è verificato nel processo che coinvolge l’ex sindaco di Ferno, Filippo Gesualdi, e altri imputati.

Il processo, che ha visto Gesualdi, Francesco Murano, i due fratelli Geracitano, Mario Curcio, Mario Filippelli e l’ex consigliere fernese Alessandro Pozzi seduti sul banco degli imputati, è stato rinviato ad aprile. Oggi, martedì 5 dicembre, si sarebbero dovuti sentire alcuni testimoni, tra cui Emanuele De Castro, ex cassiere della ‘ndrangheta di Legnano e Lonate Pozzolo, diventato collaboratore di giustizia. Tuttavia, per legittimo impedimento, i testimoni non erano presenti.

Durante l’udienza di oggi è emerso anche il nuovo atto di indagine depositato dal Pubblico Ministero della Dda di Milano Alessandra Cerreti. Si tratta di un’informativa del 2021 che riassume la vicenda dal punto di vista dell’accusa, tenendo conto delle affermazioni di Enzo Misiano, ex consigliere di Ferno arrestato nell’ambito dell’operazione Krimisa nel luglio 2019.

La difesa di Gesualdi ha respinto tutte le accuse, citando intercettazioni in cui i membri della ‘ndrangheta affermano che l’ex sindaco ha rifiutato di incontrarli, meritando quindi una punizione. Si tratta di un punto che potrebbe essere importante per la difesa, ma che dovrà essere affrontato nel prossimo processo che riprenderà in primavera.

In ogni caso, questo processo rappresenta un importante passo avanti nella giustizia italiana, aprendo la strada alla possibilità di risolvere le controversie attraverso la riconciliazione anziché la punizione. Sarà interessante seguire gli sviluppi futuri di questo caso e vedere come la giustizia riparativa verrà applicata in altre situazioni.

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